Catania: derby a porte chiuse questione di burocrazia

Sabato di derby, ma al PalaGalermo manca il certificato per il pubblico… Intanto si continua a pagare per le docce fredde, i guasti e i danni…

Il sabato appena trascorso a Catania è stato il giorno dei derby. In C2 Olimpia BattiatiCus Catania si sono affrontate a viso aperto, in un incontro in cui non è mancato nulla che potesse compromettere la piacevolezza del clasico; Rainbow Catania e Lazur Catania, in anticipo rispetto a questa partita, hanno anche loro dato fuoco alle polveri per cercare di dare il massimo ma, probabilmente in modo inedito tra le due formazioni, il derby è stato giocato a porte chiuse.

Il perché è presto detto. Il Pala Galermo, “casa” sportiva delle due squadre, attualmente, è una delle strutture catanesi a cui manca un certificato obbligatorio che attesti ufficialmente la capacità e la possibilità d’ospitare pubblico senza pericoli. In assenza di questo documento da tre settimane tutte le squadre che pagano per servirsi del palazzetto sono costrette a sostenere allenamenti e giocare gli incontri di campionato a porte chiuse. Non parliamo solo di Rainbow e la Lazur, ma anche, ad esempio, della formazione del Salesmilitante in D regionale.

L’iter burocratico, come sempre particolarmente lungo, per ottenere questa autorizzazione prevede che al sopralluogo previsto da una Commissione costituita dal Comune, segua una prima comunicazione dell’esito all’Ufficio Tecnico e una seconda all’Assessorato allo Sport catanese, che provvederà infine a ricomunicare il testo del documento ai custodi del palazzetto, i quali avranno la possibilità di accogliere nuovamente l’utenza. Se Rainbow-Lazur si è disputata a porte chiuse, dunque, è solo per questioni di mala burocrazia.

Nell’attesa che arrivi la Commissione nella struttura, le società continuano a pagare normalmente i costi che il Comune richiede affinché si possa utilizzare il campo. Costi che, se enumerati, rappresentano una grossa voce di spesa nel bilancio delle società.

Sull’argomento bisogna andare a render conto anche di un altro problema ormai “tipico” del Pala Galermo: l’assenza dell’acqua calda. Guasta la caldaia dal maggio della scorsa stagione agonistica, da allora le società ospiti sono costrette, anche con l’inizio del periodo invernale, a lavarsi con acqua fredda e riservare altrettanto trattamento ad arbitri e squadre ospiti. Da regolamento Fip l’impossibilità di fare la doccia da parte degli stessi e dei giocatori/giocatrici è una mancanza che viene pagata con multe salate. Di fronte a questo disservizio, come detto, le società pagano regolarmente questi costi: 19 euro per 1.30h di allenamento, 30 euro per ogni incontro indifferentemente dal campionato di riferimento, 150 euro annui per l’assicurazione al pubblico e, tra le uscite extra, sono state registrate l’acquisto tabelle dei 24”, perché non regolamentari quelle esistenti, e la tracciatura delle linee del campo.

Se andassimo a ricordare l’atto vandalico che ha colpito la struttura due anni fa, andremmo a sommare altri costi sostenuti dalle società per sostituire le circa 100 lampadine del tabellone segnapunti, tra l’altro allora appena comprate sempre in spese comuni.

Nell’attesa che qualcosa cambi le società continuano a vivere quindi immutata la loro vita economica nel palazzetto. In attesa che sia quella sportiva a segnare una svolta, è doveroso ricordare che queste società, insieme alla disponibilità dei custodi del Pala Galermo, sono l’anima di una struttura che, a dispetto delle apparenze, è tutt’altro che in decadenza.

La funzione sociale che ha Pala Galermo, in quanto centro sportivo costruito in uno dei quartieri più poveri di Catania, continua ad essere evidente. Pochi nel quartiere lo sfruttano ma è chiaro che la struttura rappresenti un’occasione per i ragazzi che vivono e giocano tra le strade di via Don Gnocchi, dove non di rado qualche pattuglia dei carabinieri è costretta a svolgere il proprio servizio d’ordine. Del valore sportivo della struttura c’è ancor meno da dire: il Pala Galermo è stato teatro di pezzi importanti della storia del basket catanese e non solo; durante le stagioni della Palmares in A2, dell’Hoyama in B nazionale e persino un mito come Antonello Riva si è dilettato anni fa in una partitella tra amici in uno dei tanti “pomeriggi al Pala Galermo”.

Forse un elenco più completo dei personaggi che hanno calcato il parquet dell’impianto catanese darebbe più suggestione ed empatia nella comprensione del problema che affligge la struttura, ma bisogna far a meno dei colpi ad effetto per cercare di essere solidali in casi simili. Come impianto inserito nel circolo dei campionati regionali, nazionali lo scorso anno, il Pala Galermo è un impianto che deve essere pronto ad accogliere tutti e rispecchiare al suo interno quello che di bello è all’esterno.

Sarebbe bene che non fosse la burocrazia ad uccidere questa risorsa, soprattutto di fronte all’ormai notissima crisi economica che ha ridotto al lumicino la possibilità di trovare società disposte a pagare per avere almeno i servizi basilari e portare avanti un’attività agonistica sportiva portatrice, anzitutto, di valori di socialità che si stanno via via perdendo.

Chiara Borzì
Twitter:@ChiaraBorzì