Europei di basket: Mosca ’53 e Budapest ’55
Il ricordo di … Sandro Riminucci

 I ricordi della stella della Nazionale italiana, che partecipò anche a un’Olimpiade e a un Mondiale… L’infortunio… Il cappello di McGregor…

Sandro Riminucci è nato a Tavoleto (in provincia di Pesaro) il 26 giugno del 1935. Esempio di precocità cestistica, nel ’52 conquistò il titolo italiano juniores con la Victoria Benelli Pesaro, e nell’ottobre dello stesso anno Tracuzzi gli fece vestire la maglia della Nazionale: aveva 17 anni, non era ancora arrivato l’esordio in prima squadra! Giocò in serie A, a Pesaro, fino al ’56, poi il passaggio a Milano, dove divenne uno degli artefici del grande mito delle “scarpette rosse”, portando nella bacheca dell’Olimpia (sponsorizzata Simmenthal) ben nove scudetti, più una Coppa dei Campioni. Ala di 1,87, era amatissimo dal pubblico per la sua fantasia di gioco, il tiro in elevazione, le entrate acrobatiche, che gli valsero il soprannome di “Angelo biondo”. In Nazionale disputò due Europei (Mosca ’53 e Budapest ’55), più le Olimpiadi di Roma ’60 e il Mondiale in Brasile nel ’63. Vive attualmente in Romagna, dove lo abbiamo raggiunto, risvegliando in lui il piacere di rivivere quei fantastici anni. 

Sandro Riminucci

“A Mosca ’53 ero poco più che un ragazzino. L’eccitazione di giocare in quell’immenso stadio, e in una competizione così prestigiosa, fu purtroppo spenta subito da un infortunio che mi capitò proprio nella prima partita, credo che fosse contro la Cecoslovacchia. Su una palla a due, mi ritrovai il mio piede bloccato da quello di un avversario e sentii un crac alla caviglia; senza che quasi me ne accorgessi, mi ritrovai da solo in una ambulanza e poi in un angolo di ospedale, dove mi fecero una fasciatura; ma mi abbandonarono lì, e rientrai nella comitiva della squadra dopo non so quanto tempo… Per il il rientro in campo, invece, dovetti aspettare le ultime partite del torneo…”.

“A parte il mio infortunio, comunque, credo che la nostra Nazionale in quella occasione non potesse fare molto di più. Tracuzzi, oltre a me, aveva inserito diversi giovani, mostrandosi anche abbastanza comprensivo; di fronte però c’erano giocatori veramente esperti, soprattutto quelli dell’Est. Erano anche alquanto furbi: quello che successe tra URSS e Ungheria, che praticamente si bloccarono in campo per assicurarsi e spartirsi i primi due posti, ebbe del clamoroso; non c’era la regola dei trenta secondi, e pur di ottenere dei risultati si era disposti anche a prendere i fischi del pubblico…”.

Sandro Riminucci

“Per il sottoscritto andò decisamente meglio due anni dopo a Budapest, anche se il piazzamento della squadra migliorò appena di un posto, dal settimo al sesto. In panchina c’era McGregor, che aveva portato dagli Stati Uniti le sue idee e le sue tattiche… A me piaceva molto quella dei “dinamini”: in certi momenti della partita decideva di mettere in campo una formazione di piccoli come me, che dovevano appunto dare dinamicità al gioco, aggredendo l’avversario e attaccando in velocità… Per me era come andare a nozze; mi sono veramente divertito, e alla fine ho avuto la grande soddisfazione di essere eletto nel miglior quintetto del torneo – io ancora ventenne – accanto a grandissimi campioni, come il play ungherese Greminger…”.

“Un bel tipo McGregor, bravo e simpatico. Certe sue uscite erano proprio divertenti. Racconto un aneddoto proprio di quell’Europeo a Budapest: si giocava spesso sotto il sole cocente; lui portava un caratteristico cappello di paglia, che però a un certo punto – su un nostro canestro sbagliato clamorosamente – scaraventò a terra, calpestandolo brutalmente; poi però decise di raccoglierlo, di ricomporlo in qualche modo e di rimetterselo in testa…”.

“Avrei potuto disputare altri campionati europei, quelli del ’57 e del ’59 sicuramente, ma ho dovuto rinunciare alla chiamata per motivi studio. Purtroppo capitavano sempre quando c’era da sostenere qualche esame importante alla Bocconi di Milano, e quelli non erano tempi in cui si poteva pensare solo alla pallacanestro…”.

 

a cura di

Nunzio Spina

 

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