Europei di basket: Helsinki 1967
Il ricordo di … Massimo Masini

Un pivot di successo… Il miglior marcatore italiano in Finlandia… «Il nostro morale non ha retto alle brutte notizie»…

 

Massimo Masini con la maglia della Nazionale, di cui è stato anche capitano.

Massimo Masini è nato a Montecatini Terme (PT), il 9 maggio del 1945. A 15 anni aveva già raggiunto l’altezza di 2 e 04 (poi aumentata di altri 4 cm), e facilmente venne quindi reclutato dalla squadra di basket della sua città. Lo adocchiarono i dirigenti dell’Olimpia Milano, che non persero tempo a portarlo via dalla famiglia, assicurando studi, alloggio e un promettente futuro da cestista. La sua lunga serie di successi col club meneghino iniziò col titolo juniores del ’61, poi dal ’63 al ’74 – con la prima squadra – sono arrivati quattro scudetti, una Coppa dei Campioni e due volte la Coppa Saporta (ex coppa delle Coppe). In Nazionale lo portò il prof. Paratore, dopo averlo visionato in un raduno giovanile all’Acquacetosa, a Roma, e già nel ’63 lo inserì nella formazione che disputò per la prima volta i Mondiali, a Rio de Janeiro. Da lì, ben cinque Europei consecutivi, due Olimpiadi, un altro Mondiale e due Giochi del Mediterraneo: le presenze azzurre (179) lo collocano al 14° posto, i punti realizzati (1852) all’8°. Primo esempio italiano di pivot moderno, oltre che buon rimbalzista era abile nelle giocate lontano da canestro, con un tiro da fuori rapido e preciso. In campo fino a 35 anni (con le maglie di Brina Rieti, Fernet Tonic Bologna e Pordenone), si è poi dedicato alla carriera di allenatore per più di un decennio.

Tampere, 3 ottobre ’67: Italia-Ungheria. Stoppata di Massimo Masini sull’ala magiara Prieszol.

“Era il mio terzo Europeo, quello in Finlandia, e io mi ero già guadagnato ampiamente la stima del prof. Paratore, che mi aveva fatto esordire già a 18 anni in Nazionale, attirandosi per questo le critiche della stampa… Avevo dovuto rinunciare solo ai Mondiali dello stesso anno in Uruguay, perché ero infortunato; per il resto, credo di non avere saltato un raduno o una competizione per quasi dieci anni…”.

“Mi dite che a Tampere sono stato il migliore realizzatore della squadra, e io non posso che compiacermene; francamente non mi sono mai affezionato ai dati statistici… Sì quello era un periodo fortunato per me, bastava che alzassi la mano e facevo canestro da fuori, magari sfruttando la mia velocità… A Paratore – che è stato il mio vate, e a cui io devo molto – piaceva questo mio tipo di gioco, un po’ rivoluzionario per un pivot, mai giocando spalle a canestro… I punti che mi dite ho realizzato con l’Unione Sovietica (29, n.d.r.), non potevo che metterli a segno così, perché sotto canestro trovavo il muro dei pivot avversari…”.

“Alla nostra formazione mancavano molti titolari, forse con la mente si era già proiettati alle Olimpiadi di Città del Messico; eppure ci tenevamo molto a trasferirci a Helsinki per il girone finale, e credevamo di farcela, ma tra infortuni e brutte notizie giunte dall’Italia il nostro morale purtroppo non ha retto… Siamo rimasti a Tampere, a giocare tutte le partite in quel Palazzo del ghiaccio, che non scaldò certo i nostri cuori…”.

 

a cura di

Nunzio Spina

 

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