Europei di basket: Zagabria ’89
Il ricordo di… Massimo Iacopini

«Un quarto posto amaro ma dal grande valore per il futuro»… «D’Antoni regista ideale, ma sfortunati nell’incrocio con gli slavi»… 

Massimo Iacopini è nato a Empoli (in provincia di Firenze), il 10 maggio 1964. Crescita cestistica nell’US Empolese, fino a quando a 17 anni la Fortitudo Bologna lo fece esordire nel massimo campionato. Dopo quattro stagioni, il trasferimento alla Benetton Treviso, dove è rimasto dieci anni, trovando la sua definitiva consacrazione come giocatore, oltre ai successi di squadra: uno scudetto, una Coppa Europa e tre Coppe Italia, tutti nella prima metà degli anni novanta. Guardia di 1.96, si è distinto come uno dei migliori realizzatori del campionato, mettendo in mostra anche buone doti di passatore e di contropiedista. Esordio in Nazionale con Valerio Bianchini, che lo portò agli Europei dell’87 ad Atene; nel suo curriculum in maglia azzurra, altri due Europei, nell’89 e nel ’93, e l’oro ai Giochi del Mediterraneo del ’93. Carriera terminata a 33 anni, con le ultime apparizioni a Siena e a Padova. Dopo il ritiro, varie attività lavorative, tra cui quella di team manager nella Benetton di Treviso, città dove si è stabilito.

Massimo Iacopini in azione con la maglia di Treviso; con quella della Nazionale ha disputato tre Europei (’87, ’89, ’93).

“La mia militanza con la Nazionale maggiore è vissuta quasi esclusivamente sui campionati europei: e il fatto di averne disputati tre con tre allenatori diversi (Bianchini, Gamba, Messina) è stato sempre per me un motivo di soddisfazione… Sinceramente, l’edizione in cui le cose sono andate meglio, sia come risultato di squadra che come prestazione personale, è stata quella di Zagabria ’89, che segnava l’inizio del Gamba-bis… Un quarto posto, che allora ci lasciò un po’ l’amaro in bocca per non essere arrivati sul podio, e che invece col tempo ha acquistato sempre più valore…”

“Io partivo dalla panchina, così come era successo al mio esordio europeo di due anni prima ad Atene, ed ero la riserva di Antonello Riva, cioè una delle guardie tiratrici più forti a livello continentale; non avevo certo le sue caratteristiche fisiche, ma quando Gamba mi metteva in campo cercavo in tutti i modi di non creare scompensi agli schemi della squadra, pur cercando soluzioni diverse dal tiro immediato in sospensione… Credo di essermela cavata; ricordo di aver giocato due buone partite con l’Unione Sovietica, sia nel girone di qualificazione che nella finale per il terzo posto, quando l’assenza di Riva per infortunio mi permise di restare in campo per più tempo (e di mettere a segno 18 punti, n.d.r.)…”

“Secondo me quella era una ottima Nazionale. Gamba aveva saputo trovare il giusto equilibrio tra i veterani e i nuovi, tutti giocatori che comunque si trovavano nel pieno della loro maturità nei rispettivi club; e soprattutto aveva trovato in Mike D’Antoni il regista ideale per far girare la squadra secondo le proprie potenzialità… Il problema, se mai, era quello di dover comunque affrontare a Zagabria o la Jugoslavia o l’Unione Sovietica, due formazioni tra le più forti delle rispettive storie… Campioni da una parte e dall’altra, ne cito uno per tutti, il lituano Sarunas Marciulonis, praticamente immarcabile… Purtroppo abbiamo avuto la sfortuna di incontrare l’Unione Sovietica anche in finale; con la Grecia, secondo me, avremmo avuto maggiori possibilità, nonostante la presenza di Galis…”.

“Poteva essere quella la mia ultima occasione di indossare la maglia azzurra, ma dopo la mancata convocazione a Roma ’91 non mi sono perso d’animo: ho continuato a disputare ottimi campionati con la Benetton, e alla fine è arrivato, nel ’93, il premio tanto atteso della chiamata da parte di Ettore Messina…”.

 

a cura di

Nunzio Spina

 

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