Europei di basket: Parigi 1999 e Stoccolma 2003
Il ricordo di… Fausto Maifredi

Il presidente FIP che seguì la Nazionale nelle medaglie a Parigi e Stoccolma… I ricordi delle due finali… 

Fausto Maifredi è nato a Milano, il 29 ottobre 1948. Figlio d’arte (papà Renato fu vicepresidente FIP nell’era di Claudio Coccia, tra gli anni sessanta e settanta), si era avvicinato al basket come tanti ragazzini della sua città, cioè giocandolo, e militando poi in una squadretta dal nome quanto mai simbolico in ambiente cestistico, Lemonsoda. Provata anche l’esperienza di istruttore e di allievo allenatore, capì ben presto che, nello sport, il ruolo di dirigente trasmessogli dal papà era quello che più gli si addiceva. Carriera maturata presso la sede lombarda del CONI, fino a quando si sono aperte per lui le porte della Federazione Italiana Pallacanestro, a Roma. Vicepresidente per dieci anni, dapprima con Enrico Vinci, poi con Giovanni Petrucci. Presidente dal maggio del ’99, confermato per altri due mandati consecutivi, è rimasto in carica fino a settembre del 2008, quando ha rassegnato le dimissioni, poco prima della naturale scadenza. Nel suo curriculum anche una vicepresidenza FIBA Europe, assegnatagli nel 2006. Nel dicembre scorso è stato nominato presidente onorario della FIP.

Fausto Maifredi è stato presidente della FIP per tre mandati, dal maggio 1999 al settembre 2008: durante il suo ciclo la Nazionale ha disputato cinque campionati europei, vincendo una medaglia d’oro e una di bronzo.

“Ricordi bellissimi, altri meno, degli Europei maschili da me vissuti da presidente della Federazione. I primi, ovviamente, sono rimasti maggiormente impressi: Parigi ’99 e Stoccolma 2003, una medaglia d’oro e una di bronzo, entrambe insperate, entrambe sofferte… Per Parigi, devo dire che sono stato particolarmente fortunato; ero salito al vertice della FIP da poco più di un mese, prendendo il posto di Gianni Petrucci, promosso alla presidenza del CONI; ero stato il suo vice per anni, non mi restava altro che proseguire sulla strada che lui aveva già tracciato, avendone condiviso le scelte, e in particolare quella che aveva portato Tanjevic alla guida della Nazionale…”.

“Quell’Europeo in Francia, quindi, rappresentò la mia prima uscita ufficiale; non seguii la fase di qualificazione ad Antibes, mi presentai a Parigi solo a partire dall’incontro di semifinale con la Jugoslavia… Sinceramente non credevo che potesse arrivare alla fine un risultato così clamoroso… Forse proprio per questo, rimasi sempre abbastanza tranquillo; anche perché non erano in molti a conoscermi, e così me ne potevo stare là, un po’ defilato, senza avere gli occhi addosso… Devo dire che Tanjevic fu molto bravo a trasmettere a tutti questo clima di serenità e di fiducia, senza creare esasperazione… La vittoria in semifinale fu esaltante, vedere i nostri ragazzi lottare alla pari e poi avere la meglio sui fuoriclasse serbi mi procurò davvero una grande emozione… Ancor più, naturalmente, la finale vinta con la Spagna, forse con qualche palpitazione in più; alla fine lasciai da parte il mio aplomb e mi buttai in campo ad abbracciare tutti… Un’immagine che mi è rimasta negli occhi è quella di Carlton Myers, che a tutti i costi voleva appropriarsi del pallone per portarlo poi al figlio, tanto che lo nascose sotto la maglietta…”.

La scena di Parigi ’99, rimasta impressa negli occhi di Maifredi: Carlton Myers che, circondato dai compagni, si appropria del pallone della vittoria, al termine della finale per l’oro contro la Spagna.

“La medaglia di bronzo di Stoccolma 2003, che mi ha dato una gioia non inferiore all’oro di Parigi, è maturata per me in una atmosfera completamente diversa… Stavolta mi trovai fin dall’inizio al seguito della squadra, nel girone di qualificazione di Lulea; solo che quando è arrivata la sconfitta di più di 30 punti con la Francia, ho deciso – io che sono un po’ scaramantico – di rientrare in Italia, chissà che la cosa non portasse bene… Ho seguito lo spareggio con la Germania in TV, in casa di amici; poi arrivò un’altra vittoria, e a quel punto, entrati in semifinale, fui praticamente costretto a tornare sul posto, a Stoccolma…”.

“Che sofferenza! Sconfitti dalla Spagna, ci giocavamo tutto (medaglia e qualificazione olimpica) proprio con quella Francia che mi aveva fatto scappare… Per un po’ restai seduto in tribuna, apparentemente calmo, ma negli ultimi minuti mi ritirai in un angolino del Globe Arena, da dove si intravedevano appena le fasi di gioco, e io così ero libero di sfogarmi come volevo; in certi momenti non avevo neanche la forza di osservare il campo, fissavo solo il tabellone del punteggio… Però il canestro finale di Bulleri, quello sì che l’ho visto, e anche la stoppata decisiva su Parker! Al suono della sirena lanciai un urlo di liberazione: ce l’avevamo fatta, a vincere una medaglia e a qualificarci per Atene 2004! Già, Atene… Sappiamo bene quale altra grande soddisfazione ci avrebbero regalato Recalcati e i suoi guerrieri!”.

a cura di

Nunzio Spina

 

Lascia il primo commento

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*