Alfa da… Guerra: così la salvezza non è utopia

Il coach parla a freddo della vittoria contro la Viola… «Senza demoralizzarci, i conti tornano»… «Abbiamo margini di miglioramento»…

Massimo Guerra (foto R. Lazzara)

Una vecchia frase fatta recitava: “Gli assenti hanno avuto torto”. È certo che sabato l’Alfa ha colto un successo insperato contro una big del girone, la Viola, il quarto di questa stagione d’esordio in Serie B, complice una voglia e un’intensità che finora si erano viste raramente. «Ma se giocano così come fanno ad avere 6 punti?» si chiede il team manager reggino Mario Porto, catanese di nascita, al termine di una gara che la Viola ha interpretato bene finché non è uscita la grinta etnea.

«Abbiamo fatto una buona partita, come alcune altre volte – afferma coach Massimo Guerra, domenica mattina –. La differenza è stata che abbiamo continuato a lottare, senza demoralizzarci, invece di fare degli errori e perdere fiducia. Così i conti tornano. Il coraggio è lo stesso delle ultime partite». Alla nona partita da head coach dell’Alfa Catania, la mano di Guerra si vede, il lavoro in allenamento sta dando i suoi frutti: «Sicuramente abbiamo margini di miglioramento – prosegue il coach –. Contro la Viola, non abbiamo fatto l’errore di mollare, ma possiamo evitare altri sbagli. Mi aspetto altri passettini avanti sotto alcuni aspetti tecnici. Però mi piacerebbe aver visto la vera Alfa sotto l’aspetto psicologico».

Se da un lato tutto il roster a sua disposizione è stato encomiabile, i migliori in campo sono stati sicuramente Provenzani e Sirakov tra gli esterni, Agosta e Gatti vicino al ferro. Soprattutto il ritorno in campo dell’ala grande Simone Gatti è stato eccezionale: «In quel reparto siamo contati e senza uno dei lunghi siamo costretti a far giocare fuori ruolo qualcun altro, concedendo centimetri e peso – ammette il coach veneto –. Teo Gottini ci dà tantissimo, ma non possiamo pretendere di miracoli: è una guardia che si sacrifica in ruoli che non gli competono. Il nostro reparto di lunghi è di qualità. È un bel biglietto da visita». Se poi si aggiunge che nel girone di ritorno Alessandro Agosta è tornato l’”Americano della Fanusa” che ha sempre fatto la differenza, il cerchio è chiuso.

Mancano nove gare alla fine della regular season, per la quota salvezza bisogna vincerne più della metà, ma comunque anche i play-out potrebbero essere affrontati da una posizione più felice. «Ci vuole del tempo per automatizzare per far assimilare le idee difensive e offensive – puntualizza il coach –. Non abbiamo assimilato tutti i concetti, ma dobbiamo avere un livello costante, che mi piacerebbe che le mie squadre avessero. L’importante è essere sani per poterlo fare. Abbiamo avuto problemi di organico (per gli infortuni), non riuscivamo a svolgere quello che prefiggevamo. C’è tanto da fare, ma la prima cosa è la determinazione».

Sabato, dopo la gara, il general manager Carmelo Carbone ha voluto sottolineare più volte l’importanza dell’allenamento in palestra delle ultime settimane, con la cultura del lavoro apportata dall’ex allenatore del BC Jesolo sin dal suo arrivo al PalaCatania: «Mi fa piacere che il mio gm pensi così – sorride –. Rispetto agli altri che giudicano ciò che facciamo in palestra, lui lo vede e sa. A me piace lavorare, ho entusiasmo e voglia, di conseguenza spero che la cosa trapeli e lo colgano anche i miei giocatori». Ad aggiungersi al roster etneo, si è aggiunto Emin Mavric, un’ala forte under che allungherà le rotazioni e darà una mano ad Agosta, Gatti e Vita.

Ancora una nota stonata invece dagli spalti dell’impianto di corso Indipendenza: c’era un drappello di tifosi arancionero che ha fatto più tifo della manciata di superstiti tifosi etnei (una settantina). «È normale che il pubblico vada dove ci si diverte – concede Max Guerra –. Noi dobbiamo fare un mea culpa, non siamo riusciti a trasmettere al pubblico quella passione e voglia. Speriamo che dopo questa partita l’entusiasmo e la voglia che abbiamo dimostrato siano contagiosi, dunque di riuscire a portare più gente. È fondamentale far sentire il fattore campo, ci manca. Forse le avversarie sono più radicate e hanno più tradizione. Speriamo di aver toccato il cuore dei catanesi».

 

Roberto Quartarone

 da “La Sicilia” dell’11 febbraio 2019

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