Ma vogliamo darci una calmata?

Il confine della critica corretta… Una vetrina necessaria… C’è malafede?… L’arbitro decide, che sia giusto o sbagliato… La vigilanza… Buonismo… La forza dell’ironia…

Il bollettino di guerra del CU 522 del giudice sportivo della FIP Sicilia fa sorgere spontanea una domanda: ma vogliamo darci una calmata? Travolti da un periodo storico in cui chiunque può montare su una polemica forcaiola su qualsiasi argomento, dal sacchetto per la frutta al supermercato alla terra piatta, era evidente che anche il variegato panorama del basket siciliano potesse finire per farsi trascinare. C’è chi già da anni contesta qualsiasi cosa a ragione o a torto (i più attenti ricorderanno il fu Contestatore; altri contestano ancora), chi grazie ai social network ha trovato una grancassa inattesa, chi si erge a giudice, giuria e secondino: vale tutto, per carità, c’è libertà d’opinione e di critica.

È giusto sottolineare una decisione per capire se è un errore o per capirne meglio l’interpretazione; è giusto discutere di un fallo fischiato o uno no, per capirne il senso e comprendere meglio il gioco e le sue dinamiche. Sarebbe utile anche che si spiegasse perché un antisportivo viene fischiato o un fallo che al profano sembra un semplice contatto possa portare una squadra alla vittoria e un’altra alla sconfitta. Sarebbe auspicabile anzi una vetrina che spiegasse tutto questo.

Ad un certo punto, però, ci si rende conto che forse il confine della critica educata e corretta viene travalicato. Anzi, meglio: non si tratta più di critica ma di attacco, di insulto, di fomentare altre persone contro un individuo; la rete è diventata una scuola sotto questo aspetto. L’esagerazione delle reazioni ha delle conseguenze imponderabili: diventò virale il post del Gap Catania sulla discussione tra genitori (ricordate? «Quale è il suo ragazzo? Oh voglio solo dirgli quanto fa schifo», 23 mila persone su Facebook furono raggiunte), che attraverso il paradosso voleva insegnare che quando si prende di mira qualcuno bisognerebbe anche mettersi nei panni dell’altro.

L’arbitro è una donna, un uomo, un ragazzo, una ragazza che è lì perché altrimenti non si potrebbe giocare, che si diverte a far parte del gioco più bello del mondo sacrificando domeniche, partner, famiglia, studio, lavoro. L’arbitro decide e ciò che decide può andar bene o male, può essere giusto o sbagliato: ma decide. Secondo delle regole (opinabili, imperfette, antiquate, più o meno meritocratiche), accede a una categoria superiore o viene relegato in una inferiore ed è valutato dagli osservatori e dagli istruttori. È un sistema che in passato è stato inquinato (vedi baskettopoli), ma che garantisce che in Serie C Silver ci siano i migliori arbitri regionali dietro i 4 di A1, 3 di A2 e 5 di B.

C’è malafede? Ah, bella domanda. Questo non lo stabilisce lo spettatore che non distingue il passo zero di un terzo tempo da un’infrazione di passi, né il giornalista che non capisce come avviene un’interferenza a canestro. C’è un organo deputato a vigilare: è il Cia regionale, in Sicilia al momento commissariato. Se ci sono infrazioni, il Cia dovrebbe agire; così come ha fatto per allertare sulla questione scommesse. È chiaro che ci voglia un responsabile “del mestiere” (al momento l’interim è coperto dal presidente FIP Sicilia Riccardo Caruso, dopo la fine della presidenza di Ciro Beneduce), anche perché al momento il lavoro sul campo è demandato all’impegno degli istruttori regionali. Sono loro che guidano gli arbitri, per aiutarli a migliorare, per aumentare il livello della competizione e ridurre gli errori.

Chi sbaglia viene punito? L’organo tecnico può decidere di sospendere un arbitro, c’è chi ha smesso di arbitrare o è stato retrocesso. Anche qui le polemiche ci sono, ma poi la realtà è anche che chi va in campo è davvero il meglio di ciò che abbiamo in Sicilia. Non sarà molto, ma bisogna anche considerare che non è molto nemmeno ciò che viene prodotto in termini di giocatori, allenatori, dirigenti. E che gli arbitri vengono in primis dalle società: sono i settori giovanili che invogliano i loro tesserati a frequentare i corsi. Se non si capisce e non si incentiva questo passaggio, è chiaro anche che non ci sarà un ricambio generazionale.

Non è buonismo voler smorzare i toni, è necessario per evitare che la prossima volta un esagitato non finisca per aggredire fisicamente qualcuno, dopo che altri lo hanno fatto verbalmente. È necessario perché, se il giudice sportivo si trova costretto a comminare una multa o a squalificare campo e tesserati, significa che c’è anche bisogno di educare ad accettare certe decisioni e a contestarle nei modi e nelle sedi opportune. Non funziona gridare «dagli all’untore» come nei comunicati della Libertas Alcamo o dello Sporting Club Adrano.tirare in ballo in diretta questo o quell’arbitro. Né fare post sui social network per augurare a un arbitro di non dormire la notte. Anche perché poi, come realmente avvenuto, si verifica l’invasione di campo sanzionata al PalaTreSanti o c’è la calca davanti agli spogliatoi come alla Tensostruttura.

Ci sono soldi in ballo, c’è un campionato che vale una carriera sportiva, un sogno di tifosi, una promessa, un tornaconto personale. Ma è pur sempre sport. Bisognerebbe magari prenderla con ironia, come fatto magistralmente dall’Armata Bianconera (che, come successo contro l’Orlandina Lab, è tutt’altro che tenera con avversari e arbitri) durante Cus Catania – Adrano. Sarebbe già un bel passo avanti. A voi il video!

 

Roberto Quartarone
Twitter: @rojoazul86

1 commento

  1. Una volta l’ironia è pure piacevole! Ma due volte, poi tre volte e così via… vorrei vedere!!!

    Certo, sarebbe bello che qualcuno ci spiegasse che fine hanno fatto le immagini della partita che tu, Roberto, hai ripreso durante la sopracitata partita tra Cus Catania e Adrano Basket (immagini non social bensì immagini da organo ufficiale).

    I proverbi non sbagliano mai mi dicevano gli anziani del paese, e siccome: “Errare è umano, ma perseverare è diabolico…”

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