Mondiali: Montevideo ’67
Il racconto di… Corrado Pellanera

Una Nazionale proiettata al Messico… Sconfitte onorevoli contro Usa e Jugoslavia… Le vittorie nel girone di consolazione…

Giusto “Corrado” Pellanera è nato a Teramo, il 12 marzo del 1938. Ha esordito in Nazionale nel ’60, convocato da Paratore per una tournée in Sudamerica. La sua prima manifestazione intercontinentale fu il Mondiale di Rio de Janeiro del ’63, con riconferma nella edizione di Montevideo ’67. Partecipò pure a due Europei (Wroclaw ’63 e Mosca ’65), a due Olimpiadi (Tokyo ’64 e Città del Messico ’68) e a una edizione dei Giochi del Mediterraneo di Napoli ’63, dove fu vinta la medaglia d’oro. Fisico scattante, gambe esplosive, era una guardia di 1 e 87 con ottime doti di difensore e di contropiedista, molto costante nel suo rendimento. Bologna è stata la sua città adottiva: undici stagioni con la Virtus (sempre tra secondi e terzi posti) e quattro con la Fortitudo, con una parentesi a Udine.

Corrado Pellanera ha disputato in azzurro (sempre col numero 5 sulla maglia), due Mondiali (Rio ’63 e Montevideo ’67), due Europei e due Olimpiadi (dal sito “Wikipedia”).

«Andammo ai Mondiali in Uruguay, nel ’67, senza farci illusioni. Paratore aveva allestito una Nazionale sperimentale, piena di giovani esordienti. Lui era alla ricerca di eventuali soluzioni alternative per le Olimpiadi di Città del Messico; a noi, i pochi vecchi e i tanti nuovi, toccava impegnarci per entrare (o restare) nelle sue preferenze. Non bisognava farsi condizionare né dagli avversari né dal risultato…».

«Per il girone di qualificazione ci trovavamo a Mercedes, simpatica cittadina sulle rive del Rio Negro, ma alquanto arretrata rispetto alle nostre realtà; ricordo che, all’arrivo, fui colpito dalle automobili che circolavano, tutte antiquate, sembrava quasi una sfilata di vetture d’epoca… Eravamo stati inseriti in un gruppo che rendeva praticamente impossibile qualsiasi speranza, con Stati Uniti e Jugoslavia sicuri dei primi due posti. Eppure, proprio con queste avversarie giocammo forse le nostre migliori partite, senza alcun timore (Pellanera, 15 e 10 punti rispettivamente, n.d.r.), rimediando sconfitte più che onorevoli… Gli americani potevano presentare qualsiasi tipo di selezione dilettantistica, erano sempre di un livello superiore, e poi molti di loro li ritrovavi in NBA; quanto agli jugoslavi, come si poteva fare ad avere la meglio su gente come Korac, Cosic, Skansi, Daneu?».

«La nostra comunque era una squadra molto strana, capace di esaltarsi con le grandi e di farsi sopraffare dalle piccole, o meglio dalle meno forti, perché vi assicuro che non c’erano formazioni cuscinetto… Il Messico, per esempio, che ci ha battuto due volte (anche se la seconda per un colpo di fortuna finale), era una Nazionale di buon livello, grazie al lavoro del suo tecnico statunitense Lester Lane (che aveva disputato le Olimpiadi di Roma ’60) e alle doti atletiche e tecniche dei suoi esterni, come Manuel Raga e Arturo Guerrero…».

Mercedes (Uruguay), Mondiale ‘67: entrata a canestro di Pellanera, affrontato da Korac, in Italia-Jugoslavia; alla sua destra Daneu, col 13 Bufalini (dal periodico “Basket, 1967”).

«Nel girone di consolazione di Cordoba arrivarono finalmente le vittorie. Lì ci sentivamo più a nostro agio anche dal punto di vista ambientale, perché in Argentina trovammo comunità italiane, e soprattutto ristoranti italiani… Nelle partite, però, il pubblico di casa tifò sempre contro di noi, facendoci pure bersaglio di monetine e di altri oggetti… Vincere con avversarie come Giappone e Portorico non era affatto facile. Peccato per quell’ultima partita col Messico: loro sbagliarono apposta il tiro libero finale, Raga prese il rimbalzo e segnò con un incredibile tap in…».

«Tornammo a casa con un nono posto tutt’altro che entusiasmante, ma senza grossi rammarichi (Messico a parte…). Più o meno valeva il settimo posto della edizione precedente a Rio de Janeiro, nel ’63, dove la nostra squadra era, al contrario, la migliore che Paratore poteva presentare… Ero presente anche là, ma un fastidioso problema al tendine rotuleo mi impedì praticamente di giocare, nonostante una infiltrazione praticatami dal medico dell’Unione Sovietica… Giocavo spezzoni di partita, fin quando riuscivo a stringere i denti, poi chiedevo io stesso di uscire…».

«Di quel Mondiale brasiliano ricordo le prime due partite, vinte da noi con Argentina e Messico, e la bella prestazione con gli USA, dove c’era un certo Willis Reed, che se non sbaglio vinse poi un titolo NBA (due, con i New York Knicks, n.d.r.)… Ma soprattutto ricordo i fuoriclasse brasiliani, Amaury, Wlamir, Rosa Branca, Ubiratan (che poi venne in Italia, con la Reyer Venezia): avevano tutti un tiro da fuori spettacolare. E poi, giocando in casa infiammavano il loro pubblico, che era letteralmente impazzito: al Maracanãzinho sembrava che ci fosse il Carnevale di Rio! Il successo finale non poteva sfuggire loro in nessun modo; pensate che il loro allenatore, Kanela, si permise in una partita di entrare in campo e prendere a schiaffi un arbitro, senza per questo essere espulso…».

a cura di

Nunzio Spina

 

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