Mondiali di basket: Madrid ’86
Il racconto di… Renato Villalta

Una lunga esperienza in Nazionale… Un periodo di medaglie e buoni piazzamenti… Le avversarie, Usa «da restare affascinati» …

Renato Villalta è nato a Maserada sul Piave, in provincia di Treviso, il 3 febbraio 1955. Lunga la sua militanza in azzurro, cominciata agli Europei del ’75 in Jugoslavia (esordio il 7 giugno a Spalato, contro la Turchia) e proseguita con altri due Europei e un Mondiale nell’era-Primo, due Olimpiadi e tre Europei nell’era Gamba, un Mondiale e un Europeo nell’era-Bianchini. In totale, 207 presenze e 2.265 punti realizzati, numeri che lo collocano rispettivamente all’ottavo e al terzo posto delle rispettive graduatorie degli azzurri di tutti i tempi. Il suo gioco e il suo ruolo hanno avuto una evoluzione che lo hanno portato a trasformarsi da pivot (2 e 04) ad ala grande, senza perdere le sue grandi qualità di rimbalzista e di difensore, acquistando sempre più quelle di tiratore dalla distanza, stilisticamente perfetto ed efficace. Dopo gli esordi a Mestre, ha vestito per tredici stagioni la maglia della Virtus Bologna, vincendo tre scudetti.

Renato Villalta ha esordito in Nazionale a 20 anni. Ha disputato in maglia azzurra sei Europei, due Olimpiadi e due Mondiali (Manila ’78 e Madrid ’86) (da “Raccolta Panini”).

«Fu un Mondiale a livello altissimo, quello dell’86 in Spagna, almeno per quanto riguarda le squadre di prima fascia… Unione Sovietica, Jugoslavia e Brasile erano i soliti squadroni di quell’epoca, gli Stati Uniti presentavano una formazione decisamente più forte delle edizioni precedenti, la stessa Spagna era in una fase di crescita… Esserci classificati alle loro spalle, per noi, non poteva essere considerato un insuccesso; eppure ricordo che il nostro sesto posto finale venne accolto con amarezza e qualche polemica…».

«La verità è che dall’inizio degli anni ottanta avevamo abituato troppo bene i nostri tifosi, e anche la critica… C’era stato l’argento olimpico a Mosca ’80, poi l’oro agli Europei di Nantes nell’83, seguito dal bronzo nella successiva edizione di Stoccarda ’85… Insomma, tutti si aspettavano da noi, come obiettivo minimo, almeno il quarto posto, se non quella medaglia in un Mondiale che fino ad allora era sempre mancata… Ma per centrare questo obiettivo, avremmo avuto bisogno di un pizzico di fortuna in più, e magari di una formula meno sfavorevole…».

«Nel girone di qualificazione abbiamo vinto le prime quattro partite e perso solo l’ultima, contro gli Stati Uniti (Villalta sempre in doppia cifra, n.d.r.), non penso si potesse fare di meglio! E vi assicuro che i giocatori americani selezionati erano fortissimi, credo che tutti abbiano poi sfondato in NBA; ricordo soprattutto il centro Robinson, inarrestabile sotto canestro, e il piccoletto Bogues, un vero funambolo… C’era da restare affascinati dai loro numeri, se non fosse che si trattava di avversari e bisognava in qualche modo impegnarsi a contrastarli…».

Villalta contrastato dal sovietico Bilostinnyj, al torneo olimpico di Mosca ’80; un duello che si è ripetuto più volte, sia ai Mondiali che agli Europei (da “Wikipedia”).

«Ecco, la nuova formula, a quel punto, non ci ha affatto favorito, perché ci siamo ritrovati in un girone in cui c’erano ancora gli Stati Uniti e la Jugoslavia, e i posti per accedere alla semifinale erano solo due… Con Canada e Argentina abbiamo costruito altre due belle vittorie (ancora in doppia cifra Villalta, n.d.r.), ma con gli slavi non c’è stato nulla da fare; il mio grande amico Kreso Cosic aveva a disposizione una squadra di campioni; tra Dalipagic, i fratelli Petrovic e Radovanovic non sapevi proprio chi dovevi tenere più a bada… La sconfitta con loro è stata alquanto pesante, ma il pronostico era decisamente proibitivo per noi… Così ci è toccato lottare per il quinto posto; qui siamo incappati nella Spagna, che a parte il valore dei suoi singoli (Villacampa, Martin, San Epifanio) aveva anche il vantaggio di giocare in casa, ed è arrivata la terza sconfitta…».

«Secondo me, la nostra era ancora una Nazionale di buon livello, e il nuovo coach Valerio Bianchini era riuscito a dare continuità al gioco… Sicuramente non è stato aiutato dalla fortuna, in quella come in altre circostanze (vedi gli Europei dell’anno dopo ad Atene, quando siamo arrivati quinti perdendo una sola partita)… A livello personale, comunque, devo dire che il Mondiale in Spagna mi ha fatto vivere una esperienza positiva, forse anche per i bei posti e la bella atmosfera che abbiamo trovato in quella manifestazione; avevo 31 anni, ma mi sentivo ancora bene fisicamente, e vestire la maglia della Nazionale mi procurava sempre una grande emozione…».

«Anche nel Mondiale di otto anni prima nelle Filippine ero emozionato… Altri tempi, c’era ancora Giancarlo Primo in panchina, e in campo Meneghin, Bariviera, Marzorati… Tanti ricordi anche di allora, ma purtroppo quelli che mi sono rimasti più impressi sono il caldo umido, insopportabile, di Manila, e soprattutto quel canestro allo scadere, da metà campo, del brasiliano Marcel, che ci tolse di mano la medaglia di bronzo…».

a cura di

Nunzio Spina

 

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