La rinascita del Gad: Costantino Condorelli

Da quasi un anno è a capo del nuovo Gad Etna, per rinverdire i fasti della società che dagli anni sessanta ai novanta aveva dominato la scena cestistica catanese. Costantino Condorelli ha iniziato quest’esperienza contattato da Simone Motta e Marco Distefano, oggi rispettivamente vicepresidente e dirigente responsabile. «Loro hanno iniziato due anni fa, nel 2006. Insieme a Ciccio Alberti, hanno gestito i rapporti con la precedente proprietà, che faceva capo a Giuseppe Laneri, e hanno acquistato il nome della società. A quel punto, mi sono aggiunto anch’io per giocare in Serie D sotto la guida di Rocco De Luca, ma ho dovuto dare forfait già durante la preparazione per guai fisici. Loro hanno disputato un grande campionato, conquistando la promozione in Serie C2 in scioltezza. A fine stagione, mi ha colpito un articolo su “La Sicilia” in cui si affermava che si stava facendo morire il basket a Catania

Costantino Condorelli
PRESIDENTE. Costantino Condorelli, 41 anni, presidente del Gad Etna [Basket Catanese].

C’era chi vociferava di un suo interessamento al salvataggio della Virtus.
«Non era affatto così. In quel periodo, infatti, mentre la Virtus era costretta a cedere il titolo di Serie B2, sono entrato a far parte del progetto ben più modesto di Marco e Simone per il Gad Etna. Le loro idee si sono combinate perfettamente con il mio entusiasmo. Così ho contattato Pippo Borzì, un allenatore che non ha bisogno di presentazioni, per iniziare un nuovo impegno a lungo termine che consentisse a Catania di partire da zero, senza debiti né vizi di partenza

In che modo volete rilanciare il basket catanese?
«Con mosse ben studiate e ben piazzate, facendo dei passi piccoli ma significativi in avanti. Si dice che non bisogna fare il passo più lungo della gamba: se la nostra è lunga un metro, ne faremo uno di ottanta centimetri. Preferiamo anzitutto che si crei dellacredibilità intorno al Gad Etna, perché vogliamo mettere proprio la nostra faccia su questa iniziativa. Pensiamo di poter garantire uno spirito nuovo, avvalendoci anche delle esperienze accumulate in passato. Con piacere ho letto che Carmelo Carbone ci stima e che si augura di poter costruire qualcosa insieme a noi.»

Quest’estate, quindi, vi incontrerete con la Grifone?
«Non avrei nessuna difficoltà a farlo.»

Si parla dell’acquisto di un titolo di serie superiore, come intendete agire?
«Bisogna trovare i giusti tempi per far sì che Catania abbia un’accelerazione verso l’alto. Non si può stare in Serie C2: c’è la necessità di un movimento di riferimento che crei delle possibilità future ai ragazzini. Se la prospettiva è quella di giocare in C2, chiunque preferisce andare fuori per trovare altre soddisfazioni. Per avere successo, c’è bisogno di persone che si interessino a questo progetto: chi vuole il bene del basket catanese è benvenuto. Da parte nostra, stiamo lavorando affinché tutto il nostro lavoro sia sostenibile nel tempo

Si parla anche della vostra volontà di costruire una squadra basata sui giocatori locali.
«Il progetto di catanesità è la cosa più bella che potremmo portare avanti. Bisogna ovviamente vedere il livello di gioco che si può creare con gli elementi a disposizione. In questo contesto si inserisce la possibilità che abbiamo dato quest’anno a tre giovani promettenti del CUS Catania di fare un’esperienza con noi in Serie C2: Simone Mauceri, Simone Basile e Michael Arena

E quindi come giudica il campionato?
«Senz’altro positivo, considerando che quest’estate ci davano tra le squadre retrocesse: ci siamo presi le nostre soddisfazioni e abbiamo dato la possibilità a molti giocatori, sia ai giovanissimi che a quelli 22-23enni, di giocare da protagonisti, seppure a questo livello.»

Qual è stata la sua carriera da giocatore?
«Ho iniziato seguendo dei miei amici dell’Astra Stadium, dove sono arrivato a tredici anni abbondanti, nel 1979-80. Il mio primo maestro è stato Diomede Tortora, uno dei migliori giocatori siciliani; a sedici anni ho avuto Pippo Famoso, anche come insegnante al liceo. Ho fatto tutta la trafila delle giovanili e ho avuto la sfortuna che nel 1983 il Gad Etna abbia fatto la leva giovanile per i ragazzi del ’67: io sono del novembre ’66… Così Rapisarda, Puleo, Bonaffini e Zafarana sono passati al Gad, mentre io e Davide Giglio siamo stati chiamati da Tano Russo al CUS, che si allenava nella mia scuola, lo Spedalieri. Nei primi tempi, in Promozione, giocava con noi addirittura Nicola Cassisi, ex dello Sport Club di Santi Puglisi. Contemporaneamente, ho fatto anche i tornei scolastici e le finali erano di altissimo livello: ricordo quella che abbiamo vinto noi contro il Principe Umberto diMassimiliano Martino e Andrea Pisani. Il tecnico da cui ho ricevuto di più è statoRiccardo Cantone, con cui avevo un grande rapporto. Ancora studiavo e avevo preso da poco la patente quando mi ha proposto di seguirlo a Comiso, in Serie D. La mia unica possibilità di poter giocare lì era legata all’arrivo di Riccardo Corbi, che mi avrebbe accompagnato da Catania. Lui però non c’è andato e io ci rimasi molto male: Comiso è pur sempre una grande piazza del basket.»

Umberto-Spedalieri
ALTRI TEMPI. Il referto di Principe Umberto-Spedalieri 54-62, finale scolastica d’alto livello [C.Condorelli]. clicca per ingrandire

Rimase quindi al CUS?
«Sì. Intanto sono diventato titolare: pur non avendo grandissimi fondamentali, avevo un buon tiro da fuori e con il tempo credo di essere diventato un uomo-spogliatoio. Spesso partecipavamo ai play-off ed incontravamo delle squadre di un certo livello, come Aretusa, Priolo e Licodia. Nel 1989-90 sono andatoall’Acireale, in Serie D. Pippo Borzì era già andato via e la squadra era retrocessa. Ci allenava Paolo Panebianco, insieme a me sono stati presi Luigi Angirello e Giuseppe Guadalupi e lì abbiamo trovato Foti, Corallo, Sergio Borzì e Motta. Angirello era ancora minorenne e lo considero in parte una mia creatura: lo accompagnavo sempre io ad Acireale! Quell’anno, abbiamo fatto un campionato medio alto. L’anno dopo, sono arrivati tra gli altri Marchesano e Marco Distefano. Poi, al CUS hanno pensato di organizzare una squadra per tentare la promozione in Serie D e mi hanno chiamato, così sono tornato lì con piacere.»

Com’era il livello di gioco di quella Promozione?
«Be’, più alto della Serie D odierna e di poco inferiore a quello medio della Serie C2. Noi giocavamo un basket “assurdo”: facevamo durare le nostre azioni fino al limite dei trenta secondi e di conseguenza segnavamo poco, ma gli avversari non riuscivano a reagire. Quell’anno, con Michelangelo Sangiorgio in panchina, siamo stati promossi. Io ho proseguito per due stagioni in Serie D, allenato da Tano Russo. Tra le avversarie, c’era l’Assitalia Barcellona di Perdichizzi che sarebbe arrivata in Serie A2 poco tempo dopo. Facevamo anche sei trasferte in Calabria, arrivando fino a Cosenza. In casa, invece, prima giocavamo al PalaSpedini, poi ci siamo trasferiti al Palazzetto della Playa. Nel 1993, ho lasciato il CUS in seguito al ripescaggio in Serie C1. A quel punto mi ha chiamato Riccardo Cantone per fare da chioccia ad un gruppo di ragazzini di 14 anni tra cui c’erano Gissara, Vetrano, Galatà, Diana e molti altri.»

CUS 1991-92
30” PIENI. Il CUS Catania promosso in Serie D nel 1990-91: giocavano trenta secondi pieni e vincevano [La Sicilia].

Ha fatto quindi parte del progetto-Cantone della Grifone?
«Sì, per una sola stagione. C’erano Nino Vergani segretario, Carmelo Carbonedirigente e Pippo Vittorio factotum, l’allenatore era Bocchieri. Ci allenavamo alle 19 alla Cavour e mi veniva un po’ scomodo perché già dal 1992 lavoravo. Quello è stato l’ultimo anno, poi sono sceso in campo solo per una gara, dopo una partita di calcio tra ingegneri alla Cittadella: mi hanno chiesto se volevo fare una gara di I Divisione e mi hanno anche prestato le scarpe. La squadra aveva perso tutte le partite e doveva incontrare la prima in classifica: quel giorno le hanno tenuto testa fino all’ultimo e hanno vinto grazie ad alcuni tiri liberi. Poi avrò visto sì e no quattro partite e ogni volta era un piacere incontrare tutti gli amici con cui avevo condiviso le mie esperienze sul parquet. Mi ricordo anche una Virtus-Canicattì al PalaCannizzaro, durante la quale sono rimasto impressionato da Marco Consoli. Secondo me, quest’anno per lui è stato sprecato in Serie C2, avrebbe dovuto puntare più in alto.»

Quali sono stati i giocatori che l’hanno più impressionata?
«Peppe Inturri è stato uno dei miei compagni di squadra più forti, aveva una tecnica pulitissima. Poi Enzo Calì, che era molto forte non solo nel tiro, Carlo Vaccino, un grande playmaker, e Santino La Fauci. Il mio compagno di squadra ideale è stato Roberto Parlato, che, benché fosse alto molto meno di 190 cm, giocava da pivot alla grande.»

Roberto Quartarone

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