Turi Lanzafame, dal basket alla nazionale di pallanuoto

Quando ancora Catania mostrava con evidenza le ferite della guerra, quando si giocava all’aperto e per di più al monastero dei Benedettini, quando in pochi conoscevano il basket,c’era una squadra etnea che abitualmente partecipava alle finali nazionali del Centro Sportivo ItalianoTuri Lanzafame era una delle colonne portanti della formazione ed eccelleva non solo nella pallacanestro, ma anche nella pallanuoto, nel rugby, nella pallavolo e nel canottaggio.

POLIEDRICO. Turi Lanzafame, 75 anni, atleta a tutto tondo: dal basket al rugby alla pallanuoto [T.Lanzafame].

«Ho iniziato a giocare a tempo pieno a pallanuoto dopo aver rinunciato al basket – ricorda, – e in questo sport ho avuto le migliori soddisfazioni. Tuttavia, il mio amore era la pallavolo, ma non ho potuto praticarla perché solitamente si iniziava negli oratori, che si attrezzavano secondo la disponibilità dei cortili. Per esempio, i salesiani allestirono un campo da calcio. La mia chiesa, quella dei santi Cosma e Damiano, invece aveva un oratorio più piccolo dove vi erano stati montati due cesti

Quali altri sport ha praticato?
«Per un periodo ho fatto rugby. Al mio ritorno in un campo da basket, però, uscii subito per aver commesso cinque falli personali perché mi ero dimenticato che dovevo essere più “gentile” e non dovevo sfiorare gli avversari… Alla fine, per me il rugby è stato sepolto sotto l’altare della pallacanestro! Facevo anche canottaggio al porto di Catania e da quel periodo ho preso l’abitudine di fare il bagno il 31 dicembre e il 1° gennaio. Poi ho dovuto smettere per l’affanno causato dal fumo…»

NAZIONALI. Il CSI alle finali nazionali di Roma nel 1950 [T.Lanzafame].

Quando ha iniziato a giocare?
«Tra il 1946 e il 1948, con la Tovini, cioè l’associazione di giovani della mia parrocchia, che era legata al Centro Sportivo Italiano. Giocare a basket era divertente ma i successi erano molto relativi. Nel 1950 andammo a Roma per l’anno santo e per le finali del CSI. Abbiamo fatto i campionati nazionali CSI anche a Reggio Emilia (13°) e Cremona (4°) e abbiamo avuto l’onore di giocare contro una squadra umbra che contava su alcuni atleti di Serie A. Giocavo anche con la mia scuola, lo Spedalieri: vincevamo perché scendevo io in campo! I tempi erano totalmente differenti da quelli di oggi. Mi ricordo di una ragazza che veniva a vedermi giocare ma solo anni dopo mi disse che non mi guardava mai, neanche alzava gli occhi, solo perché era ragazza.»

Quali partite ricorda?
«Abbiamo partecipato alla Coppa Vasta, che era dedicata ad un vecchio sportivo del GUF. Abbiamo giocato anche la Coppa Lo Forte a Messina, ma con modesti risultati. Qualche volta abbiamo vinto contro le squadre peloritane, ma i cestisti messinesi erano migliori di noi perché spesso al porto attraccavano le navi americane e potevano giocare contro i maestri. Proprio lì si costituì la squadra dell’istituto privato “Maurolico”, che era una delle più importanti della Sicilia e dove nacque sportivamente Vittorio Tracuzzi, un ottimo giocatore di Serie A e poi allenatore della nazionale. Noi, invece, non ci incontravamo mai con i militari.»

STORICA. Salto a due durante lo spareggio tra CSI Catania e Fiamma Messina [T.Lanzafame].

Com’era organizzato il CSI?
«Il presidente era Giovanni Avola e il dirigente era Di Mauro. Abbiamo avuto come presidente anche un certo Pelicone, un furbetto dell’azione cattolica. Giovanni era il fratello maggiore di Alfredo, il nostro allenatore. L’associazione si legava alla parrocchia dove avevo iniziato. Giocavamo al campo ai Benedettini, che noi stessi preparavamo prima delle partite. Anche la stampa si interessava a noi e il giornalista de “La Sicilia”, Giuseppe Columba, era un mio amico; proprio per questo si diceva che mi faceva i panegirici… Scriveva di noi ancheCandido Cannavò, che faceva i primi passi come giornalista.»

Quali erano i suoi compagni di squadra?
«C’era Pippo Grasso, che è stato anche arbitro. Alcuni avevano giocato con il GUF comePippo Mangano, Coniglione, Nino Fragalà e forse Agostino Sapienza. Avevamo anche Alfredo Avola, che era un amore ma anche bassino, poi Poldo Mattina, che era il più piccolo insieme a me. Uno che è rimasto nella leggenda è Gigi Marletta, allenatore della Grifone.»

Si ricorda del Giglio Bianco?
«Sì, ma aveva un nome nella pallanuoto più che nel basket.»

SERIE C. Il CSI che disputò la Serie C nel 1953-54 [T.Lanzafame].

Quale fu la sua carriera nella pallanuoto?
«La pallacanestro non sfondava, così passai al CUS di pallanuoto. Nello stesso periodo uno dei principali protagonisti del Giglio Bianco, Ciccio Paola, passò proprio con la squadra universitaria e iniziammo a dare filo da torcere ai nostri avversari, che erano più forti. Ci allenavamo nei lidi e migliorammo gradualmente fino a raggiungere la Serie A, oltre a vincere anche i campionati universitari. Il nostro allenatore era una persona integerrima, un istriano che si sentiva slavo malgrado il nome italianissimo: Ivo Giovannelli. Diceva di essere un direttore di cantieri navali, ma in realtà con i soldi che gli abbiamo dato noi si è comprato la vespa! Come si suol dire, alliccava ‘a sadda! Quando non poteva venire, mandava un amico suo, che si presentava come conte di Venezia pur essendo nelle stesse condizioni di Giovannelli. Ho giocato anche con la Mestrina, con cui ho vinto la Serie C e in squadra avevo Renato De Sanzuane, un ottimo pallanotista che era stato chiamato più volte in nazionale. Anch’io ho giocato con gli azzurri, in una gara contro la Francia.»

Quali erano i suoi compagni di squadra?
«C’erano Faro e Bezoari, che sono stati “pitturati” da Giovannelli; voglio dire che erano dei pallanotisti perfetti e l’allenatore aveva lavorato duramente su di loro. C’era anche Gigio Rinaldi, che faceva anche pallacanestro. Infine, ricordo Lallo Pennisi, che è stato il padre dello sport a Catania. Fu lui a decidere di allenarsi anche d’inverno trasferendo la squadra nella palestra XXIV maggio, dove poi sarebbe nata la pallavolo locale. Ha portato a Catania la nazionale italo-bulgara Antonieta Zarbova, che ha creato il vero volley femminile locale.»

PALLANOTISTI. La promozione del CUS di pallanuoto in Serie A [La Sicilia].

Cosa ne pensa dello sport attuale?
«Penso che bisogna stare attenti con lo sport a livello agonistico, perché alla lunga può anche far male ai giocatori. Noi facevamo attività fisica dilettantistica, così come dovrebbero fare tutti, sportivi e non. Al Nord Europa c’è una mentalità sportiva che qui manca. Tante volte sono stato a congressi medici a Copenhagen e Stoccolma e lì ho potuto vedere che tutti si tengono in forma. Il denaro nello sport ha rovinato tante cose… E non solo, dato che il 33% dei ragazzi sono soprappeso in Sicilia e ciò che pensano dell’attività fisica è agghiacciante. Tempo fa ho fatto un sondaggio nelle scuole, in collaborazione con il provveditore. La domanda era “Che sport preferite?” La maggioranza dei maschietti ha risposto “Il calcio, così da grandi saremo ricchissimi”, mentre le femminucce hanno replicato “La danza, così faremo le veline”…»

Roberto Quartarone

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