Diomede Tortora, il basket tra mito e leggenda

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Almeno tre intere generazioni di cestisti sono passati davanti ai suoi occhi. Li ha visti nascere, crescere e poi appendere le scarpette al chiodo. Lui, Diomede Tortora, sempre là – maglietta e pantaloncini, capelli al vento – come ibernato nella sua eterna giovinezza. Ventiquattro anni di carriera (ma il conto forse in difetto), sedici dei quali vissuti da protagonista a difendere i colori della prima squadra cittadina di turno. Una lunga storia nel basket catanese; o se volete, la Storia del basket catanese.

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ACHEO? Diomede Tortora, 64 anni, in una foto dei tempi del Gad Etna [La Sicilia].

Che fosse destinato a diventare un mito, del resto, stava scritto fin dalla nascita in quel suo nome da guerriero acheo, ereditato dal nonno paterno. Allo sbocciare dell’adolescenza, il fisico si era necessariamente adeguato: alto, bello, corporatura asciutta e agile; si cominciava a intravedere anche quello spirito battagliero che lo avrebbe sempre accompagnato nella sua avventura sportiva. Più che un personaggio, un simbolo del mondo cestistico catanese, dal quale fin con l’assorbire tutto: successi, gioie, sconfitte e rimpianti.

All’altro capo del telefono la voce è quella di sempre. Ti verrebbe subito di fargli la solita domanda, Diomede, ma quanti anni hai?, una sorta di tormentone che gli sarà giunto alle orecchie chissà quante volte. Per fortuna è lui stesso a toglierti presto dall’imbarazzo di questa irriverente curiosità: Ho 64 anni, sono già in pensione, qualche attività lavorativa qua e là per tenere la mente occupata, la partitella a tennis ogni tanto, mettiamoci anche la briscola in cinque con gli amici Insomma, una tranquilla vita da scapolone. Già, lo scapolone! Se ci avesse anche detto chi era la sua zita di turno, ne avrebbe soddisfatta un’altra di curiosità. Vogliamo fare anche il conto di quante ragazze sono passate – diciamo così – davanti a quei suoi occhi languidi?

Parliamo di basket… Si potrebbe stare ad ascoltarlo per ore mentre ti racconta del suo passato: nella folla dei ricordi, riesce a mettere in ordine ogni data, a fare luce su ogni particolare. Partiamo dal 1959. Avevo 14 anni – esordisce – e con un amico mi recai al campo di Piazza Spedini, dove Amerigo Penzo, allenatore della Grifone (che allora militava in serie A), aveva organizzato un corso di addestramento. Era un omino di grande carisma, oltre che un buon tecnico, ma io non rimasi particolarmente affascinato dall’ambiente, forse perchè ero ancora troppo giovane e avevo altri interessi; così lasciai subito perdere.

Non un amore a prima vista, quindi. Penzo, un apostolo veneziano approdato in Sicilia a diffondere il credo cestistico, ci rimase un po’ male, anche perchè aveva fiutato, in quel giovane, le doti giuste. Ironia della sorte, quando poi Tortora, qualche anno più tardi, rimise piede nella Grifone come giocatore già conosciuto, quell’omino aveva appena – malinconicamente – abbandonato Catania. L’ingresso definitivo nel mondo del basket, infatti, era stato rinviato solo di qualche mese. Verso la fine del 59 – riprende Diomede – nella palestra della mia scuola, l’Istituto Agrario, mi rimisero un pallone di basket in mano, e così entrai a far parte del CUS Catania, dove cominciai a disputare il campionato di Promozione e i tornei giovanili: stavolta ne rimasi pienamente coinvolto.

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FUSIONE?Lo Sport Club 1973-74, in cui Tortora arriva dopo il fallimento del Gad Etna[L.Cosentino].

I suoi primi allenatori furono il prof. Sapienza e Paolo Venturino, con il quale nel ’62 la squadra juniores riuscì ad approdare alle finali nazionali di La Spezia. Un’esperienza che ricordo ancora con grande emozione. Eravamo tra i più forti in Sicilia, ma l trovammo squadre che facevano davvero parte di un altro pianeta. C’era l’Ignis Varese, la Simmenthal Milano, contro cui avemmo anche l’onore di giocare: restai a bocca aperta davanti ai 2 metri e 04 di Massimo Masini e al suo 54 di piede!.

Eppure Diomede, allora, non era proprio uno sconosciuto. Nel 1960, cioè ancora quindicenne e alle prime armi, aveva fatto parte di una capillare selezione nazionale sulla quale andava costruita (pensate un po’) la nazionale olimpica per Tokyo ’64. Un bel giorno il prof. Caponnetto, insegnante di Educazione Fisica, venne letteralmente a prelevarmi dal banco di scuola e mi portò a Messina per un primo concentramento. Nell’estate del ’61 feci poi un collegiale di 25 giorni a Villaggio Mancuso, vicino Catanzaro: là mi ritrovai alla corte di un grande allenatore come Giancarlo Primo e accanto a giocatori che sarebbero presto balzati alla ribalta nazionale. Un traguardo prestigioso, che segnò anche la sua prima grande rinuncia. Se volevo andare avanti su quella strada, dovevo allontanarmi da Catania: la Stella Azzurra a Roma e la Virtus a Bologna mi offrirono la possibilità di trasferirmi, ma ero figlio unico e non se ne fece nulla. A 17 anni non mi presentai addirittura a un raduno della nazionale juniores al Foro Italico a Roma, e da allora certi sogni rimasero definitivamente nel cassetto.

Da Catania non si sarebbe più allontanato. Più in là negli anni, quando la sua fama di giocatore si era già consolidata, di richieste da fuori ne sarebbero ancora arrivate tante. Ma da quando papà Alfredo morì, lasciandolo solo a 22 anni con mamma Agata, anche i possibili trasferimenti all’interno della Sicilia (Messina e Ragusa lo corteggiarono a lungo) diventarono per lui impossibili da accettare.

Si era già chiuso un capitolo, eppure la sua vera carriera di cestista, a Catania, doveva ancora cominciare. Nella stagione 62-63 lo chiamò la Grifone, che oltre ad Amerigo Penzo aveva appena salutato anche la serie A (allora divisa in gironi). Si ripartiva dalla B regionale con la stessa squadra dell’anno prima, e tra tanti vecchi marpioni (Trovato, Puglisi, Rinaldi, Tumino) Diomede era ancora un giovanotto di belle speranze. C’era una rosa di dodici elementi, tutti praticamente allo stesso livello; il venerdì ci si dava battaglia all’ultimo sangue pur di entrare nelle convocazioni della domenica . Lui non era certo Masini, ma i suoi 188 centimetri, a quei tempi, bastavano per farlo emergere (guardare le foto d’epoca per credere). Giocava da pivot spalle a canestro, e sapeva come districarsi, a giudicare dai punti che riusciva a realizzare.

L’avventura con la casacca azzurra della Grifone (era una canotta di lana, precisa lui) sarebbe durata due sole stagioni, la prima sotto la guida del già citato prof. Caponnetto e del tuttofare Gigi Mineo, la seconda con Totò Trovato nella doppia veste di giocatore e allenatore. Poi la gloriosa società “rapace” del presidente Di Blasi, un professore universitario con un amore sincero per la pallacanestro, scomparve dalla scena. Totò Trovato raggiunse un accordo – spiega Diomede – con l’allora responsabile di un piccolo gruppo aziendale, Alfredo Avola (impiegato del comune e diacono di grandi capacità); e così tutti passammo col Gad Etna, che diventò la squadra catanese più rappresentativa.

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PIVOT? 188 cm, ma Tortora indubbiamente il pi alto (nella foto ha la maglia n. 11, accanto a Puglisi e Trovato) [La Sicilia].

Fermiamoci un attimo. Da un testimone della storia come lui, vale proprio la pena farci raccontare qualcosa di più di quei primi anni: il campo di gioco, per esempio, le attrezzature, il pallone che si utilizzava Vuoi che ti dica che ho iniziato col pallone di pietra, come qualcuno ogni tanto commentava per prendermi in giro? A parte gli scherzi; col pallone di pietra no, ma con quello di cuoio con ricucitura stile calcio d’epoca sì. Il campo di gioco era ovviamente all’aperto, in Piazza Spedini, là dove poi sarebbe sorto il Palazzetto: un rettangolo mattonellato che esigeva scarpe antiscivolo. Quando cominciai io c’era solo un muro di cinta, senza tribune, e gli spogliatoi (se così vogliamo chiamarli) erano nelle vecchie biglietterie del Calcio Catania: ci facevamo la doccia con i secchi dacqua, e non aggiungo altro….

Quanti cambiamenti, da allora! Palloni che si fanno di gomma, e poi di nuovo di cuoio, ma a spicchi e senza cuciture. Tabelloni di legno che diventano trasparenti e in plexiglas. Terreni di gioco dove si smontano le mattonelle per impiantare il parquet. E soprattutto, campi all’aria aperta che diventano palestre con tanto di tribune. Il Palazzetto di Piazza Spedini l’ho visto letteralmente nascere, pietra su pietra. Cominciarono a costruirlo nel 1967, e quello fu tutto merito di zio Gigi Mineo: merito del basket, quindi, e non della pallavolo, come certa stampa volle far credere. A quei tempi lavoravo già al Consorzio Agrario di Siracusa, e mi ricordo che tutti i giorni, prima di tornare a casa, andavo praticamente a controllare l’avanzamento dei lavori. Giocavo col Gad Etna, e per un anno fummo esiliati alla palestra Enrico Toti (che sa di eroico al solo pronunciare il nome, n.d.r.). Quando misi piede la prima volta sul parquet lucidato del Palazzetto provai una sensazione indescrivibile.

Il trasloco dalla Grifone al Gad Etna era coinciso con una rivoluzione della formula dei campionati, mentre il numero delle squadre in quel periodo (stiamo parlando della seconda metà degli anni 60) cresceva a dismisura. A un certo punto ci si ritrovò in serie C e da quel purgatorio la squadra, sempre affidata alla guida di Totò Trovato (che dopo un po’ smise i panni del giocatore), cercò – anno dopo anno – di venir fuori, per trovare una posizione più degna nel panorama cestistico nazionale. Per Tortora e compagni fu più una sfida con loro stessi che con gli avversari. Riuscimmo nel nostro intento solo dopo sette anni di tentativi, alla fine quasi per inerzia. Avevamo potenzialità sicuramente maggiori di quelle che riuscivamo a esprimere in campo, e forse quel traguardo della promozione in serie B poteva anche essere raggiunto prima .

Il connubio col Gad, per Diomede, durò quasi un decennio. Non era più il piccolino della squadra; con lui cerano adesso i più giovani Giuseppe Mineo, Alfredo Greco, Piero Spanò, poi anche Carlo Marino. Come giocatore, furono gli anni della sua definitiva consacrazione. Dalla posizione di pivot cominciò ad allontanarsi dal canestro, ma per guardarlo bene di fronte e centrarlo con quel tiro dalla distanza che diventò, per lui, l’arma migliore. La sospensione dall’angolo era la sua preferita; se si trovava appena un passo più all’interno, mirava al tabellone e la sponda (tecnica e geometria tutte sue) gli riusciva spesso. Da qui la fama di buon realizzatore, quasi sempre il migliore della sua squadra: ci fosse stato fin da allora il tiro da 3 i suoi tabellini avrebbero raggiunto cifre da primato. Però qualche difetto c’era Come no! Qualcuno diceva che non sapevo palleggiare, ma non è proprio così, perchè i primi due palleggi mi riuscivano bene: era dal terzo in poi che cominciavano i problemi…. Scherza, ovviamente. Diciamo che non era un giocatore tecnicamente completo (chi lo era a quei tempi?), ma se stava fuori dal campo la sua assenza si sentiva, eccome! Certamente un elemento non facile da inserire negli schemi, sia offensivi che difensivi; bisognava un po’ lasciarlo libero nell’iniziativa, e a quel punto sperare che fosse in giornata.

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SERIE B. Il Gad Etna che ha giocato in Serie B nel 1972-73 [Basket Catanese].

Intanto, a quell’ambita meta della promozione, tra un rimpianto e l’altro, il Gad Etna era finalmente riuscito ad arrivare. La serie B della stagione 72-73, che era una A2 a tutti gli effetti, aveva offerto una chance che non si sarebbe più ripresentata in futuro. La sponsorizzazione della Dais si rivelò un mezzo inganno, e in realtà la struttura societaria si indebolì ulteriormente. I giocatori in campo, però, riuscirono a fare il miracolo. Io per la verità mi allontanai un po’, per via di disaccordi con Totò Trovato; poi rientrai in squadra, e lottai insieme ai miei compagni in un campionato durissimo in cui tutti ci davano per spacciati. In quella formazione c’era il ragusano Nanè lo Presti, un play-maker che io giudico il più forte dei tanti compagni che ho avuto. Riuscimmo a salvarci, e quella fu davvero una grande impresa. Vanificata, come si sa, dalla rinuncia al campionato successivo.

Riflessione. Possiamo dire che il basket catanese, in quella circostanza, perse un treno importante? Il più importante! – sbotta Diomede Quella serie B era da difendere con i denti, a costo di qualsiasi sacrificio. Era un momento magico per il movimento cestistico della nostra città. Noi avevamo fatto il salto di categoria, e raggiunto anche una certa maturità, proprio nel momento in cui Santi Puglisi col suo Sport Club stava tirando su giovani interessanti, come Orazio Strazzeri, Pippo Borzì e Luciano Cosentino, espressione di una pallacanestro che, onestamente, era più moderna e più tecnica. Ecco, lì le forze andavano messe insieme, ognuno avrebbe dovuto accettare il ruolo più adeguato alle sue capacità, e con le sole risorse catanesi si poteva davvero costruire una squadra già competitiva e soprattutto proiettata nel futuro. Il sostegno economico, a quel punto, sarebbe stato un problema di più facile soluzione, almeno così ancora la penso io. Peccato! Non ci fu la volontà!.

Avvenne tutto il contrario. Il Gad Etna ripartì dalla serie D, mentre Santi Puglisi accettò l’unica proposta concreta che gli arrivò, e che veniva dalla Stella Azzurra di Roma. A 28 anni Diomede aveva ancora quel fisico asciutto da guerriero e, soprattutto, la voglia matta di giocare di un adolescente. Di ritirarsi non se ne parlava. La serie D, francamente, gli stava un po’ strettina; accettò così, insieme a Giuseppe Mineo, il passaggio nelle file “nemiche” dello Sport Club, con Elio Alberti allenatore. Diciamo che quella fu una specie di fusione Per la serie C avevamo uno squadrone, e infatti in casa riuscivamo a strapazzare chiunque; in trasferta, però, venivano fuori tutti i nostri limiti di organizzazione di gioco, e perdevamo le partite in maniera incredibile. Alla fine arrivammo quarti, e quindi fu un fallimento. Elio Alberti era una persona simpaticissima e si dava da fare per tirare avanti la baracca, ma l’eredità di Puglisi era davvero molto pesante.

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ULTIMO ANNO. L’ultima squadra d’alto livello con cui ha giocato Tortora (secondo in piedi da destra): lo Sport Club ’78 [N.Spina].

Nonostante tutto, fu quello l’inizio di un’altra bella avventura. Con lo Sport Club Diomede disputò altri cinque campionati di serie C, risultati non esaltanti, ma lui sempre protagonista, bandiera della squadra, così come lo era stato per il Gad. Si ritrovò presto in una formazione dove la differenza di età con i compagni andava dai dieci anni in su. Il che non poteva risparmiargli certe battute ironiche, come quella di Pippo Famoso, per esempio, che prima dell’allenamento gli chiedeva spesso se si era ricordato di prendere il Gerovital. Se è per questo – ricorda sorridendo – ci fu quel famoso episodio dell’arbitro… Eravamo in fila per il riconoscimento prima di una partita, io avevo già oltrepassato abbondantemente la trentina… Quando uno dei due arbitri trovò nell’elenco il nome Tortora, alzò gli occhi e disse Ma chi, il figlio di Diomede?.

Lui non solo stava al gioco, ma con i più giovani si sentiva proprio a suo agio, dentro e fuori dal campo: vi si confondeva quasi, con quella folta chioma scura ribaltata all’indietro. E così gli anni tra il 73 e il 78 segnarono la sua seconda giovinezza (che poi non fu l’ultima). Con lo Sport Club mi divertii molto, anche se non raggiungemmo grandi affermazioni. Comunque ricordo con piacere gli agguerriti derby col Gad Etna, quando la mia ex squadra era risalita in C. Cera una atmosfera frizzante e una bella cornice di pubblico E poi questa strana ricorrenza, per cui si vinceva una partita a testa, e guarda caso la spuntava sempre chi non era favorito.

Quando fu poi la volta dello Sport Club di ritirarsi nei campionati minori a causa di problemi economici, lasciando il palcoscenico solo al rinnovato Gad Etna (targato Jgermeister), anche Diomede si mise un po’ in disparte. Aveva già 33 anni, ma l’ora di abbandonare il basket era ancora di là da venire. E fu lì che si poté apprezzare la sua vera passione: non gli interessava il successo, nè la platea o gli articoli sui giornali; voleva ancora correre e divertirsi, chiunque ci fosse in campo con lui, anche dei ragazzini, che (a quel punto la differenza ci stava tutta) potevano davvero essere suoi figli. Disputò ancora campionati di Promozione, col CSTL, col CUS Catania, con l’Astra Stadium, una squadra da lui praticamente costruita. Nella stagione 82-83 lo volle addirittura Pippetto Strazzeri a Siracusa, per un campionato di serie D, costringendolo di fatto al primo allontanamento cestistico da Catania, dopo tante rinunce più o meno forzate.

Una terza giovinezza, se così si può dire. E stavolta Diomede cominciava davvero a sfidare le leggi della natura. Lui imperterrito andava avanti: non lo fermò neanche una drammatica lussazione d’anca capitatagli proprio sotto un canestro, durante una partita di Promozione col CSTL. Quella della longevità diventò a un certo punto una sorta di leggenda. Forse ne era rimasto suggestionato anche l’impiegato dell’Ufficio Anagrafe di Catania che, nel trasferire i suoi dati dal sistema manuale a quello informatico, aveva riportato erroneamente la data di nascita, 13/07/1945, posticipandola di un mese. Fosse stato di un anno – commenta sarcasticamente – mi sarebbe giovato molto di più!.

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DA GIOVANE. Tortora ai tempi della Grifone [La Sicilia].

Come fu e come non fu, arrivò anche per lui il momento del ritiro dalla scena. Si portava dietro un bagaglio stracolmo di bei ricordi, tra cui una medaglia (alla carriera), offerta dai giornalisti sportivi catanesi in una premiazione dellUSSI a Capo dOrlando. Come giocatore aveva dato tutto. Cos’altro poteva fare di più? Per la verità sono stato più di una volta sul punto di farmi coinvolgere – ammette lui – nel ruolo di dirigente: col Gad a fine anni 80, per esempio, o con la nuova Grifone di Molino. Ultimamente qualcuno mi ha spinto addirittura a candidarmi alla presidenza del comitato provinciale FIP. Su questo terreno, però, ho trovato sempre difficoltà e incomprensioni: diciamo che per me è stato impraticabile .

Tortora segue adesso le vicende del basket catanese con occhio e animo distaccati. Ci sono molte più squadre e molte più strutture di una volta; ma da un punto di vista qualitativo, purtroppo, non si è ancora usciti dalla mediocrità. Manca quello che è sempre mancato: una dirigenza forte e coraggiosa, o anche solo un imprenditore che riesca a coniugare in sè la passione e il denaro. Comunque, sono sempre convinto che le cose possono cambiare in meglio; prima o poi questo avverrà, deve avvenire!. Uno sguardo ottimista al futuro da chi ha scritto il passato. Grazie dell’augurio Diomede. E in bocca al lupo per la tua quarta giovinezza!

Nunzio Spina

P.S.
I componenti della briscola in cinque alla quale Diomede ha fatto cenno, oltre naturalmente a lui, sono quattro vecchie (e simpatiche) conoscenze del basket catanese: Carmelo Carbone, Filippo Galatà, Piero Spanò e Andrea Gangemi. Delle loro prodezze con le carte siciliane non sappiamo, ma su un campo di basket, ai loro tempi, sarebbe stato sicuramente un discreto quintetto. Carbone play-maker, Galatà e Spanò ali, Gangemi pivot, Tortora esterno-angolo. Fosse stato Diomede l’allenatore-giocatore, avrebbe forse impostato l’attacco su un solo schema: La palla deve sempre girare, fino a quando arriva… all’angolo!.

16 commenti

  1. Caro Diomede,
    premesso che gli articoli di Roberto risultano spesso godibili, pur con tutto il rispetto che nutro per la tua persona ed il personaggio, mi preme commentare la tua chiosa.
    In primis, non pi di dieci mesi orsono, la societ che rappresento ti offr la presidenza ad honorem riconoscendoti doti consone alla carica proposta: non ne hai fatto nemmeno menzione e gi questo ti qualifica…
    Sono certo che la nostra dirigenza non sia la migliore del mondo ma in quanto a forza e coraggio parlano da soli i risultati ottenuti negli ultimi 3 anni cos come la passione messa da Costantino Condorelli (che mi pare essere un imprenditore catanese che sta coinvolgendo tanti altri imprenditori locali..).
    E’ chiaro: non bisogna mai fermarsi a rimirare quanto fatto ma migliorarsi costantemente ed abbiamo l’umilt giusta per riconoscerlo.
    Infine, quando dici ci che affermi le cose sono due: o abiti in un’altra citt oppure parli con dolo ed in entrambi i casi una persona (ed un personaggio) della tua “levatura” avrebbe fatto una miglior figura tacendo….oppure aiutando fattivamente il movimento ad uscire da questa mediocrit.
    Si dice “cu voli fa, cun non voli manna..”; noi siamo sicuri di fare, tu forse (de)mandi per poi criticare.
    Ad maiora

    Cordialmente,
    Marco

  2. Non capisco cosa abbia detto di cos grave il signor Tortora, da suscitare tale reazione. Non ha offeso nessuno ed ha espresso il suo pensiero. Evidentemente qualcuno si prende troppo sul serio…

  3. @Roberto
    Roberto hai ragione, mi scuso con Nunzio Spina autore di racconti sempre interessanti e coinvolgenti come anche quest’ultimo d’altronde

  4. Egregio

    Marco Di Stefano

    Solo oggi leggo la tua critica alla mia intervista e ti dico francamente che mi ha meravigliato la veemenza con la quali entri nel merito delle mie considerazioni.

    Ribadisco che il basket Catanese, per quanto ci dato vedere, si trova in fase di assoluta mediocrit, non per demerito della tua societ, bens in rapporto a quello che Catania esprime in termini di risorse umane e di risultati acquisiti dalle varie societ a livello giovanile.

    Non ho rivolto critica alcuna alloperato di Costantino Condorelli, per il quale nutro profonda stima ed affetto, e al quale riconosco meriti non comuni per limpegno profuso in questa sua avventura societaria.

    Egregio Marco io appartengo a quella razza di sportivi che, insieme ai propri meravigliosi compagni di squadra, rompendosi le ossa in campo, soffrendo lottando ed alla fine vincendo si sono guadagnati una promozione nella allora serie B nazionale, equivalente ad una odierna A2.

    Fatti i debiti raffronti tecnici dovuti alla evoluzione del basket odierno, lallora GAD ETNA stava tra le prime trenta squadre dItalia.

    Il titolo di B acquistato dal mio amico Costantino Condorelli ha valore assoluto per limpegno che egli stesso si assunto e rappresenta una rampa di lancio per futuri traguardi, ma non ha il sapore della conquista che gli auguro di sentire al pi presto

    Veniamo alle tue affermazioni che considero sprezzanti ed offensive; la tua societ non mi ha mai offerto una presidenza ad honorem. Ho avuto un lungo colloquio con il mio amico Costantino durante il quali si parlato di programmi, e, a proposito di una mia eventuale collaborazione con la vostra societ, ebbi a dire che mi avrebbe fatto piacere assumere un ruolo pi operativo che rappresentativo. Il mio non stato un peccato di superbia quale vuoi farlo apparire, ma un semplice scambio di opinioni con il tuo presidente. Tanto basta per ricacciarti in gola la tua frase e gi questo ti qualifica. Costantino Condorelli testimone di ci

    Io vivo in questa citt da pi tempo di te e per essa ho dato tutto dal punto di vista sportivo ed umano, quindi se mi capita di assistere ad un incontro di basket in un impianto gremito di 250/300 irriducibili appassionati di basket, mi viene logico pensare che questo non pu e non deve essere il massimo che la citt di Catania possa esprimere, a meno che, il tuo orizzonte limitato non ti consente di vedere pi in l.

    Ribadisco, egregio Marco Di Stefano, io non appartengo alla specie di uomini che tacciono e meno che mai se invitati da un mediocre quale ti sei manifestato.

    A proposito di tacere ti ricordo che in sede di elezioni regionali, tu insieme ai tuoi colleghi rappresentanti la maggioranza delle societ catanesi, hai avallato la elezione del presidente Tuttolomondo, oggi inquisito per frode sportiva. In quelloccasione io ho avuto la dignit di dire a muso duro a voi tutti che le poche societ che rappresentavo non si sarebbero prestate a questo sporco gioco; -risultato: Comitato regionale sotto inchiesta per frode sportiva, e la maggioranza delle societ siciliane adirate, per non usare altro termine, nei confronti del comitato provinciale catanese che ha avallato tale porcheria

    Devo ringraziare di cuore il CONTESTATORE, il quale con poche semplici parole ti ha definito evidentemente qualcuno si prende troppo sul serio.

    Egregio Marco Di Stefano hai perso due occasioni: la prima stata quella di parlare in sede di elezioni regionali, e la seconda di tacere leggendo la mia intervista.

    Tanto ti era dovuto

    Distintamente Diomede Tortora

  5. @Diomede Tortora
    Bene Egregio Diomede Tortora,
    ti sei manifestato nel dolo di cui parlavo.
    Innanzitutto mi meraviglio come Roberto, il moderatore, abbia permesso una serie di insulti diretti che normalmente, per l’appunto, modera.
    Entro adesso nel merito di ci che dici.
    Al momento del tuo coinvolgimento in questo progetto societario ho avuto anche io direttamente l’onore di parlarti senza la presenza di Costantino Condorelli riscontrando un entusiasmo ed una comunanza di idee per rilanciare la pallacanestro a Catania: evidentemente o parlavo con un’altra persona oppure questa persona ha cambiato diametralmente intendimenti. Prima dici che manca anche solo un imprenditore e che il contesto mediocre (quindi anche Condorelli ed accoliti) e poi tessi le lodi di un amico, spostando l’attenzione su altri fatti (tralascio gli insulti quella non roba per me): tatticamente corretto per chi deve difendersi…
    Non ho mai parlato poi di alcuna conquista ma di propensione al costante miglioramento ( vero per che il titolo di serie B stato acquistato con notevole sforzo economico per accorciare i tempi di risalita).
    In merito alle elezioni regionali poi non credo tu sia la persona pi adatta a far commenti. Mi ricordo ancora di come per te i rappresentanti di Messina siano passati dall’essere considerate persone non degne di stima a modelli di ideale e condotta… Noi (quindi anche il tuo amico Costantino) abbiamo appoggiato quanto propostoci in sede provinciale, vero, pensando solo ad avere stabilit. Se abbiamo sbagliato nelle valutazioni ne terremo conto per il futuro.
    Inoltre, a proposito di cambiamento di intendimenti: ricordo ancora come tu stesso avesti a dichiarare come non degno nemmeno di considerazione chi rilascia commenti e dichiarazioni senza firmarsi. Bene, adesso contestatore, diventa paradigma dei tuoi ragionamenti e questo non solo perch hai ancora una volta cambiato opinione ma soprattutto perch per te quel nickname corrisponde ad un nome e ad un cognome.
    E allora d al tuo caro contestatore, per il futuro, di evitare di mandarti allo sbaraglio inseguendo cariche provinciali (aspirazione legittima ma messa in atto in maniera del tutto errata nei tempi e nei modi) e di dedicarsi maggiormente alla nobile arte della briscola in 5. Lui non lo sa ma renderebbe un enorme servigio alla pallacanestro in generale ed a quella catanese in particolare…
    Infine: io non mi prendo troppo sul serio, io SONO serio e se si vuol fare qualcosa di buono ed onesto bisogna esserlo.

    Marco Distefano

    PS: questa stata la prima ed ultima volta che commento e non ripeter pi tale pratica perch alla fine non porta a nulla. Mi dispiace per i toni ma quando ho scritto la prima volta stato perch ho colto che una persona “amica” stesse gettando discredito senza motivo, la seconda perch non posso lasciarmi insultare da chicchessia come stato fatto.

  6. Caro Marco Di Stefano, io non gioco a briscola con nessuno e non sono la persona che lasci intendere.

    [prego contestatore di evitare i flame, quello che ha scritto qui va oltre le opinioni personali; il commento all’intervento di Sangiorgio altrettanto “flame”]

  7. Redazione sbagliate di grosso. Voi censurate a piacimento. Sangiorgi interviene quando vuole su cose che non gli appartengono, e Marco Di Stefano si permette di poter dire ci che vuole, perch diventato general manager da un giorno all’altro con non so quale titolo.
    Lo so che non lo pubblicherete, ma cercate di essere equi.

  8. non si tratta di iniquit, ma tu non puoi metterti a sparare sentenze che non portano a nulla se non ad altre polemiche (nei commenti cancellati avevi rincarato la dose sull’ultimo che hai scritto = flame) sulla gente a tuo piacimento! in pi sangiorgio stato indirettamente chiamato in causa dai commenti e mi pare legittimo che risponda. contestatore, non ti ho mai censurato ma ora stai passando il limite.

  9. Caro Contestatore

    Dal momento che la tua identit segreta non ha pi misteri per il sig Di stefano ti comunico ufficialmente che sei invitato al mio tavolo di briscola in 5, trasformatasi, a questo punto, in 6. Sicuramente sar pi costruttiva che non il ciarpame recentemente prodotto dal signore di cui sopra.

    Non intendo rivolgermi a lui, pertanto ti pregherei di renderlo edotto di alcuni particolari.

    1 Non mi ha risposto sulleffettivo colloquio tra me e Condorelli e tanto mi basta

    2 Ha omesso, maliziosamente di dire che il comitato Messina altri non era che la persona di Ciccio Venza, stimatissimo dirigente del Capo DOrlando Basket, il quale rappresentava la parte del movimento basket siciliano pulita. Temendo quanto successo in sede di elezioni regionali, io avevo anzitempo perorato e organizzato un incontro tra Tuttolomondo e Venza con il preciso intendimento di fare allontanare dal primo la parte malata del movimento e di fare accettare al secondo una carica fortenelleleggendo comitato e, dare per scontata la elezione di Venza nella successiva tornata elettorale. Ho come testimoni oltre ai signori Tuttolomondo e Venza, anche i fratelli Cintolo di Ragusa Laccordo non fu raggiunto pertanto ognuno and per la loro strada. Il resto noto

    3 A proposito del fare e del demandare ricorda al sig Di stefano che, dietro espressa richiesta di Costantino Condorelli avevo organizzato un incontro con il sig Venza in qualit di direttore tecnico del Capo dOrlando Basket (serie A nonch finalista playoff scudetto) al solo scopo di creare un contatto proficuo per il basket catanese ed in particolare per la squadra di Condorelli. Chiedi al sig Di stefano se era presente o meno a quellincontro.

    4 Ribadisco che il basket Catanese si trova in una situazione di mediocrit da trenta e passa anni. Costantino Condorelli ha il merito, lui per primo, di voler cambiare le cose; gli do atto di ci e gli porgo i miei sinceri auguri di successo nonostante la zavorra che ha intorno . Se ho omesso di citarlo nella mia intervista stato fatto senza nessuna malizia o secondo fine.

    In fine, caro Contestatore devi dire allindignato Sig Di stefano che non si pu permettere di usare termini del tipochiosare questo gi ti qualifica o sarebbe stato meglio tacere senza provocare una mia legittima reazione. Non gli riconosco una levatura tale da potermi consigliare il silenzio

    Grazie e a buon rendere

    Diomede Tortora

  10. Per la redazione:
    Io non ho oltrepassato nessun limite, il Signor Di Stefano pu dire che devo dedicarmi alla briscola? Questo non flammare? Ed io non posso dire che fino a poco tempo fa giocava all’oratorio e che diventato general manager da un giorno all’altro senza sapere come si svolge questo mestiere?
    Per favore redazione, mi spieghi dove nell’intervista al signor Tortora, viene citato “indirettamente” il presidente provinciale.
    Per Diomede Tortora:
    Mi dispiace signor Tortora ma io non ho il “piacere” di conoscere il signor Di Stefano

  11. bene, hai scritto tutto quello che ti ho “censurato”, cos ora si pu continuare a giocare al massacro. quale parte di chiamato in causa dai commenti non capisci?

  12. Non sono un assiduo utente del sito Basket Catanese, ma di tanto in tanto mi piace leggere le interviste rilasciate ai personaggi che rappresentano il passato del nostro movimento.
    Colgo loccasione per complimentarmi del continuo lavoro svolto dalla redazione del sito che ci regala una piattaforma che traccia la storia della pallacanestro a Catania, che fornisce degli spazi dedicati agli ultimi eventi e che consente di commentare varie vicende.
    Ho letto con molto piacere lintervista a Diomede Tortora e mi sono appassionato immaginando le squadre, i campi e i personaggi della pallacanestro catanese di quegli anni.
    Purtroppo ho potuto constatare come una interessante intervista con cui si ricordavano vicende passate, si sia tramutata in un germogliare di polemiche. Non voglio fare lavvocato difensore di alcuno, ma nellintervista di Diomede, (persona che ho avuto il piacere di conoscere personalmente e che ha catturato sin dal primo momento la mia stima) non sono riuscito a trovare critiche esplicite o implicite allottimo lavoro svolto da Marco Distefano e dalla societ di cui fa parte.
    Che complessivamente il movimento cestistico catanese negli ultimi anni sia da considerarsi mediocre, non credo sia unaffermazione talmente sconsiderata. Purtroppo la massima espressione catanese una quarta serie e non so quanti sono gli atleti catanesi usciti dai nostri vivai che giocano da professionisti (penso siano pochi, o meglio spero che ce ne sia almeno qualcuno).
    Non capisco per perch Marco Distefano si sia sentito chiamare in causa. La sua societ ha appena concluso il primo anno di attivit, facendo benissimo. Avr modo di crescere e di creare qualcosa di importante nel futuro e di dimostrare la qualit della propria dirigenza.
    Penso invece che tra Tortora e Distefano ci siano delle diversit di vedute che riguardano faccende che esulano dal contenuto dellintervista e che sia meglio vengano chiarite in altra sede.
    Vorrei dissentire sulle minacce di censura da parte della redazione. Purtroppo una bella occasione per ricordare un grande atleta ed uno scorcio del passato si tramutata in un susseguirsi di polemiche che hanno trasferito il tema su argomenti diversi , ma non credo che la censura sia un modo per risolvere le cose.
    Mi piace invece la frase di chiusura del commento del Presidente Provinciale dove comunica di non rispondere pi sullargomento in modo da evitare eventuali repliche. Non la conoscevo e non lavevo mai sentita utilizzare (c sempre da imparare daltronde).
    A questo punto anche io non risponder pi sullargomento.

  13. Redazione mi dovete spiegare dove il signor Tortora chiama in causa il presidente Sangiorgi, tale da giustificare un suo intervento.

  14. quando dice: in sede di elezioni regionali, tu insieme ai tuoi colleghi rappresentanti la maggioranza delle societ catanesi, hai avallato la elezione del presidente Tuttolomondo; ho scritto anche “indirettamente” proprio perch non nominato.

  15. E un peccato, davvero un peccato che una bella intervista ben sottoposta nella veste di pezzo giornalistico, possa avere dato luogo a un cos brutto epilogo. Brutto s, perch dalla magica atmosfera dei ricordi dellatleta e degli anni doro del basket catanese si scesi nella cruda realt di una conflittualit e di una referenzialit che suonano unoffesa nei confronti del giornalista, della testata e dei lettori.

    E spiacevole dover leggere Non risponder pi sullargomento da parte del presidente. Egli non era tenuto a rispondere perch non era stato chiamato in causa. Nella sua veste mi sarei aspettato parole di pacificazione e non una ulteriore spinta polemica che mi auguro possa morire sul nascere sempre per rispetto di chi ci ospita. E la testata, semmai, e non altri che stabiliscono i tempi e le regole del dibattito.

    Io ho vissuto con entusiasmo gli anni doro del basket e della pallavolo. Ricordo il prof. Caponnetto alla fine degli anni Cinquanta, quando cercava di cavare da noi ragazzini di una scuola parificata quelle potenzialit che avrebbero potuto farci emergere nel mondo del basket. Era un tenace, un appassionato, sicuramente come oggi lo sono altri allenatori. Ma si viveva allora in una realt politica e in un contesto sportivo dove forse mi sbaglio i valori e le sinergie erano primari rispetto allaspetto economico e al contesto politico inteso come sistema di potere, che oggi incombono (assieme al doping in senso generale)mortificando lo sport.

    Mi piacerebbe se Tortora, assieme a Di Stefano e Sangiorgio facessero un passo indietro perch noi spettatori di una certa et che abbiamo vissuto quegli anni fecondi, e le nuove generazioni che devono prendere esempio da chi ha il dovere (atleti e dirigenti) di trasmettere codesti valori, possiamo continuare a sperare in un futuro migliore per il basket e la pallavolo catanese.

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