Di Giusto: «È cambiata la cultura dello sport»
Lo stage dell’allenatore azzurro con il Cus Cus

Venerdì e sabato la società di basket in carrozzina ha ospitato il coach romano… «Più possibilità per gli atleti, che vogliono dimostrare le loro abilità. La Supercoppa a Trapani, poi forse la Nazionale in Sicilia»…

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Elide La Scala consegna una targa a Carlo Di Giusto (foto R. Quartarone)
Elide La Scala consegna una targa a Carlo Di Giusto (foto R. Quartarone)

Venerdì sera e sabato mattina il Cus Cus Catania, la squadra di basket in carrozzina di Serie B, ha svolto due allenamenti particolari. Insieme a Gabriella Di Piazza e Ilenia Bulla c’era infatti l’allenatore della Nazionale maggiore, Carlo Di Giusto, tecnico anche della Torres, venuto in Sicilia per seguire anche l’Olympic Trapani. La squadra, entusiasta, ha sudato per recepire nuove idee in vista della sua quarta stagione, che inizierà il 3 dicembre. Lo stage si inserisce nel progetto di crescita del progetto cuscussino e del movimento, anche come momento di formazione per lo staff tecnico.

Non era la prima volta per Di Giusto in Sicilia: «Sono venuto qui più di trent’anni fa – ci spiega –, per un bel progetto partito da Michele Tummino. La Regione Siciliana all’epoca investiva molto in sport paralimpico, ma non si riuscì a creare una squadra. Abbiamo fatto uno stage con la Nazionale e delle amichevoli, anche a Catania contro l’Inghilterra, a Priolo, a Marsala e a Palermo. Nel tempo si è spenta la voglia di pallacanestro in carrozzina, ma ho capito che ha sofferto anche il basket normo a causa della crisi economica». Di quella partita ne abbiamo parlato con Carmelo Barcella.

Bulla, Di Piazza e Di Giusto (foto R. Quartarone)
Bulla, Di Piazza e Di Giusto (foto R. Quartarone)

«Oggi molto è cambiato – prosegue Di Giusto –. Credo che sia un discorso ampio, è cambiata la cultura nei confronti dello sport paralimpico, grazie ai mezzi di comunicazione, è aumentata la possibilità di fare sport. Quando ho iniziato io, nel 1980 al Santa Lucia, la maggior parte erano ragazzi che avevano subito incidenti, non c’erano nemmeno le assicurazioni obbligatorie. Le situazioni erano improponibili. Adesso c’è una copertura assicurativa che ti permette di vivere una vita tranquilla; in più l’aumento delle società dà più possibilità. Le figure professionali sono cambiate e sono utili per crescere, prendiamo Gabriella Di Piazza, un tecnico che ha allenato in Serie A; ci sono anche preparatori atletici e dirigenti preparati».

La presenza dell’allenatore di Di Giusto è stata voluta dalla dirigenza del Cus Cus (ed Elide La Scala era presente al PalaArcidiacono a fare da padrona di casa), ma è anche nell’ambito di un progetto della Fipic. «Questa nuova esperienza come responsabile tecnico del Settore delle Nazionali – riprende il coach – mi permette di conoscere delle realtà che non avevo avuto modo di valutare. Avevo conosciuto degli allenatori e dei dirigenti, ma ora ho avuto l’opportunità di scendere e l’ho sfruttata. Ho passato cinque giorni molto piacevoli, sono legato al territorio perché la mia compagna è siciliana».

Di Giusto spiega uno schema difensivo (foto R. Quartarone)
Di Giusto spiega uno schema difensivo (foto R. Quartarone)

Da oltre tre anni, la società biancazzurra porta avanti il suo progetto. «Il Cus Cus è una squadra di cui mi piace l’idea: l’inserimento nel contesto universitario. È una scelta che si deve fare sia per una ragione promozionale che culturale, per allargare la partecipazione non solo degli atleti ma anche delle persone che ruotano intorno a questo mondo. Ciò può dare tanto, dal punto di vista sportivo e sociale. A scuola bisognerebbe far vedere questi ragazzi come atleti e le loro abilità».

Appunto la scuola diventa un punto focale del ragionamento di Di Giusto: «Bisogna coinvolgere le scuole – afferma –, parlando con il provveditorato. Di solito si gioca sabato e domenica, quando le scuole sono chiuse, ma potrebbe essere interessante farli intervenire durante le sedute di allenamento, magari dentro le palestre scolastiche, così si potrebbero cercare nuovi atleti all’interno degli istituti. Si potrebbero anche coinvolgere le società di pallacanestro sul territorio, dalla A al minibasket. I bambini vedono la carrozzina come un gioco, ci salgono senza remore o superstizioni. Ricordo che in Giappone c’era un torneo scolastico di basket in carrozzina, i bambini potevano giocare e così vivevano la carrozzina non come qualcosa di negativo, ma come un pezzo che permette di praticare uno sport».

Di Piazza parla con Pappalardo, di spalle l'allenatore della Nazionale (foto R. Quartarone)
Di Piazza parla con Pappalardo, di spalle l’allenatore della Nazionale (foto R. Quartarone)

Il basket in carrozzina viene così visto per ciò che è: una disciplina sportiva in cui militano veri atleti: «Più che un discorso di riscatto – puntualizza l’allenatore –, è un discorso di valutazione di ciò che si sa fare. Non bisogna guardare solo l’impossibilità di camminare, ma guardare che si sa fare una partita, dando valore alle capacità residue».

Il basket in carrozzina in Sicilia vivrà un evento molto importante nei prossimi giorni: «Siamo stati in questi giorni qui con il presidente e il segretario FIPIC perché si giocherà la Supercoppa italiana a Trapani. Parteciperanno il Cantù e il Santa Lucia, si giocherà mercoledì 21 dicembre mattina, perché vogliamo il coinvolgimento delle scuole. Oltre a vedere l’organizzazione della manifestazione abbiamo parlato con l’assessore di Mazara del Vallo, stiamo valutando se portare la Nazionale, U-22 o maggiore, per fare stage o raduni. Vorremmo anche abbinare un percorso di amichevoli toccando le tre città che rappresentano il basket in carrozzina, magari in un periodo in cui le scuole sono chiuse e magari si possa giocare all’aperto. Sarebbe un discorso promozionale».

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Roberto Quartarone
Twitter: @rojoazul86

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