Mondiali di basket: Madrid ’86
Il racconto di… Santi Puglisi

Da Catania alla conquista dell’Italia… Tra Trieste e Reggio… La chiamata a Bianchini… Gli spareggi con la Spagna… Un risultato tutt’altro che deludente…

Santi Puglisi è nato il 10 dicembre 1940, a Catania, città dove ha iniziato la sua carriera da giocatore (Grifone anni ’60, seconda serie nazionale) e poi quella di allenatore (Sport Club). Chiamato nel ’73 da Valerio Bianchini a Roma, per diventare suo assistente nella Stella Azzurra, vi è rimasto per sette anni. Poi una stagione a Mestre come vice di Massimo Mangano, ma soprattutto come guida del settore giovanile (vincitore del titolo italiano juniores nell’81). Il presidente della FIP Enrico Vinci lo ha quindi voluto nel Settore Squadre Nazionali: qui ha svolto una lunga e proficua attività con le rappresentative giovanili negli anni ottanta, con molte presenze anche sulla panchina della Nazionale maggiore, in qualità di assistente, prima di Sandro Gamba e poi di Valerio Bianchini. È stato anche head coach in squadre di club (a Trieste e Reggio Calabria), prima di dedicarsi alla carriera di general manager in giro per l’Italia (Pesaro, Bologna Fortitudo, Brindisi) con dodici finali scudetto, di cui tre vinte, e tre finali di coppe europee. Ritiratosi a 73 anni, nel 2017 ha ricevuto il “Premio Reverberi” alla carriera.

Santi Puglisi, una vita per il basket, interpretando tutti i ruoli: giocatore, allenatore, dirigente. Per molti anni responsabile tecnico di rappresentative giovanili azzurre, è stato assistente di Gamba e di Bianchini in Nazionale A (da archivio personale Puglisi).

«Avevo da un anno lasciato il settore azzurro, per intraprendere la mia avventura di primo allenatore in una squadra di club; ma quando Valerio Bianchini mi chiese di tornare, per fargli da assistente con la Nazionale maggiore nei Mondiali in Spagna, non esitai un solo istante… Era l’86, concludevo il mio primo campionato con Trieste e mi accingevo a iniziarne un altro con Reggio Calabria: c’era giusto il tempo di tirare un po’ il fiato, e invece pensai bene di impiegarlo a lavorare, ne valeva sicuramente la pena… A Bianchini, del resto, non avrei mai potuto dire di no: era stato il mio mentore, lui mi aveva strappato alla mia Catania, invitandomi a seguirlo a Roma; e da lì, si può dire, si sono aperti i miei orizzonti…».

«Era il mio primo Mondiale… Avevo già vissuto al fianco di Sandro Gamba momenti esaltanti, come quelli dell’oro europeo di Nantes nell’83 o dei Giochi di Los Angeles dell’anno dopo (quinto posto, ma che emozione le Olimpiadi!), e l’idea di poter completare le mie esperienze con un Mondiale mi stimolava particolarmente… Da parte mia ho messo tutto l’impegno e l’entusiasmo che potevo; e anche se il risultato della squadra non è stato a livello dei precedenti, ho un ricordo bellissimo di quelle giornate in Spagna…».

La Nazionale italiana al Mondiale di Madrid ’86. Puglisi è il terzo in piedi da destra: alla sua sinistra, Silvestri e Rubini; alla sua destra, Polesello, Magnifico, Binelli, Costa, Villalta, Dell’Agnello, Ferrantelli, Bianchini; in basso da sinistra, Galleani, Gilardi, Premier, Riva, Marzorati, Brunamonti, Sacchetti (da “Super Basket, n° 35, 1986”).

«Per Bianchini si trattava di un esordio; aveva da poco preso in mano la Nazionale, formando la squadra con i migliori giocatori del momento, che poi in gran parte erano già stati impiegati da Gamba… Siamo arrivati a Malaga, per il girone di qualificazione, con una buona preparazione e la mentalità giusta, tant’è che abbiamo vinto di slancio le prime quattro partite… No, non ci siamo fatti illusioni, sapevamo che il difficile doveva ancora arrivare, e contro USA e Jugoslavia le sconfitte erano prevedibilissime… ».

«Gli Stati Uniti li avevano preso sul serio quei Mondiali, portando giocatori di sicuro avvenire, tanto è vero che sono tornati a vincere la medaglia d’oro dopo molti anni… Se penso al piccoletto Tyrone Bogues, meno di 1,60, che era in grado addirittura di schiacciare a canestro! Quanto alla Jugoslavia, non c’era proprio modo di fermarla, con quei tiratori che bombardavano da tutte le parti: Dalipagic, i fratelli Petrovic, Radovanovic… A questo proposito, vi racconto un episodio: una mattina ci allenavamo dopo la Jugoslavia, e mi colpì il fatto che alcuni giocatori stavano tranquilli, in borghese, ai bordi del campo, mentre gli altri sgobbavano… Chiesi spiegazioni all’allenatore Cosic, e lui mi rispose così: “Tu devi sapere che in una squadra ci sono architetti e muratori…”, e non aggiunse altro; gli architetti erano proprio quei giocatori in borghese che ho citato prima…».

«Forse la sconfitta che avremmo dovuto evitare è stata quella dell’ultima giornata quando ci siamo trovati a spareggiare per il quinto posto con la Spagna… Ha suscitato qualche malumore, anche perché negli ultimi tempi l’Italia aveva sempre battuto gli spagnoli, specie negli spareggi finali di un Europeo, a Nantes ‘83 per l’oro e a Stoccarda ’85 per il bronzo; e questa è stata una delle eredità pesanti che Bianchini ha dovuto raccogliere da Gamba… Però bisogna sottolineare che quella volta la Spagna giocava in casa, e soprattutto che il livello tecnico dei suoi giocatori stava crescendo notevolmente…».

«Comunque, non mi sembra che arrivare sesti in un Mondiale fosse un risultato deludente, tutt’altro! Eppure non mancarono le critiche; alle medaglie ci si era un po’ fatta l’abitudine… Io dico che la nostra Nazionale ha fatto un’ottima figura. A parte le prime quattro vittorie nel girone di qualificazione, abbiamo poi battuto anche Canada, Argentina e Israele, che non erano proprio così abbordabili. Non vorrei parlare di singoli, ma in mezzo a tanti campioni di quel Mondiale, hanno fatto la loro parte giocatori come Antonello Riva (che ha segnato con buona continuità da fuori, sfruttando l’introduzione del tiro da tre), come Renato Villalta, come Walter Magnifico… Quest’ultimo, come si sa, è stato adocchiato da Mike Fratello, che ha manifestato apertamente la sua intenzione di portare lui e Gus Binelli negli Stati Uniti… Effettivamente la cosa, allora, scatenò un po’ di rumore, per il fatto che i giocatori potessero essere disturbati da queste proposte, ma poi tutto finì in una bolla di sapone…».

a cura di

Nunzio Spina

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