La delusione di una squadra che avrebbe potuto dare di più… Atene 1998: un mondiale di alto livello… I presupposti dell’oro europeo…
Bogdan Tanjevic è nato il 13 febbraio 1947 a Pljevlja, in Montenegro (allora facente parte della Jugoslavia, oggi repubblica indipendente). Intrapresa a soli 24 anni la carriera di allenatore, conseguì presto risultati importanti, riuscendo a conquistare la Coppa dei Campioni del ’79 col Bosna di Sarajevo e due anni dopo la medaglia d’argento agli Europei di Praga con la Jugoslavia (prima delle sue quattro panchine di rappresentative nazionali). Negli anni ’80 e ’90 una lunga militanza in Italia, tra Caserta, Trieste e Milano, dove vinse lo scudetto con l’Olimpia Stefanel. Il capitolo con la Nazionale italiana iniziò con i Mondiali del ’98 ad Atene. Seguirono gli Europei di Parigi nel ’99 (coronati dalla medaglia d’oro), le Olimpiadi di Sidney e gli Europei del 2001. Tanjevic sarebbe tornato sulla scena dei Mondiali alla guida della Turchia, nel 2006 e nel 2010. Ancora panchine di club in giro per l’Europa, raggiungendo il record di titoli nazionali vinti in cinque nazioni diverse, prima di chiudere su quella del “suo” Montenegro. Oggi è tornato nello staff azzurro, col ruolo di direttore generale tecnico.
«Delusione. Questo è il mio primo ricordo del Mondiale del ’98 ad Atene… La delusione di arrivare sesti con una squadra che avrebbe potuto dare e fare di più. Sì è vero, era praticamente il debutto di una nuova Nazionale, quella che avevo preso in mano da poco, cambiandola per almeno metà dei giocatori, gettando nella mischia tanti giovanissimi; ma io credevo già nella loro potenzialità, nel loro talento, nella loro capacità di affrontare a viso aperto qualsiasi avversario… Lo dimostra il fatto che abbiamo battuto la Jugoslavia, poi vincitrice della medaglia d’oro, e che per un canestro sbagliato allo scadere abbiamo permesso agli Stati Uniti di andare a conquistare il bronzo… Altro che, se potevamo fare di più!»
«Diciamo che il rendimento della squadra è stato a corrente alternata, e sicuramente l’indisponibilità di Myers nelle prime partite e i malanni di almeno altri quattro giocatori nel corso del torneo hanno avuto il loro peso… Ma chi mi conosce sa che sono esigente per natura, e che non sopporto che ci si pianga addosso… Pur con queste limitazioni, ripeto, noi potevamo ottenere un risultato migliore; bastava mantenere in ogni partita il giusto livello di concentrazione e di cattiveria… Devo dire che forse la sconfitta che mi ha fatto arrabbiare di più è stata l’ultima, con la Spagna, quando eravamo già stati eliminati dalle semifinali: il fatto che ci si giocasse un quinto posto, e non una medaglia, non poteva giustificare certi cali di tensione …»
«Che si sia trattato di un Mondiale ad alto livello non vi è dubbio. La Jugoslavia era fortissima, la Russia idem; e poi, oltre agli Stati Uniti, c’era la Grecia, che in casa propria diventava un avversario quasi imbattibile. Noi abbiamo avuto la sfortuna, ma anche l’onore, di giocare contro tutte e quattro (classificatesi poi nell’ordine, n.d.r.), e solo con la Russia abbiamo ceduto nettamente… Insomma, abbiamo incontrato tutti gli ostacoli possibili, e nessuno certo poteva farci sconti… Sicuramente non ce li ha fatti la Jugoslavia, che non si aspettava proprio di essere messa in difficoltà da noi: devo ammettere che le sfide contro i miei connazionali mi stimolavano particolarmente, e in quella occasione, evidentemente, sono riuscito a trasmettere la carica giusta ai miei ragazzi…»
«Comunque, se il Mondiale di Atene doveva rappresentare un banco di prova per una Nazionale così ringiovanita, si può ben dire che l’esame è stato superato in maniera positiva… Ogni giocatore ha preso consapevolezza delle proprie possibilità, e soprattutto ha capito di appartenere a un sistema nel quale tutti e dodici dovevano svolgere il loro ruolo, senza individualismi, senza atteggiamenti da principe… Su questi presupposti la squadra, che è rimasta praticamente la stessa, è riuscita poi a trionfare agli Europei di Parigi dell’anno dopo; lo ha fatto mettendo sotto ancora una volta la Jugoslavia, e prendendosi delle belle rivincite contro la Russia e contro la Spagna, incontrata ancora una volta nella partita finale: solo che stavolta ci si giocava l’oro!»
a cura di
Nunzio Spina
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