Estate 1997: il Cus Catania è in piena crescita, complici gli investimenti dell’agenzia Ina Assitalia di Eduardo Capizzi e il progetto tecnico cresciuto a dismisura in meno di un decennio. Va a vuoto l’acquisto del titolo di B2 di Caltanissetta e la società rimane dunque in Serie C1, ma coach Gaetano Russo conta su una squadra che potrebbe tranquillamente militare nella serie superiore. Le ciliegine sulla torta sono due catanesi cresciuti alla Viola Reggio Calabria: Mario Porto e Alberto Di Mauro. Centro dal curriculum lunghissimo il primo, ala 23enne reduce da un biennio da comprimario in Serie A il secondo.
«Quell’estate si aprì una possibilità per andare in B – ricorda Di Mauro, classe ’74 – ma preferii tornare da coach Gaetano Russo, che è stato il mio primo allenatore. È lui che mi ha consigliato in diversi momenti della mia carriera e mi ha lasciato tantissimo. Capizzi stava investendo e voleva portare la squadra in alto. Era un buon gruppo, tra gli altri c’era Marchesano, che è stato mio testimone di nozze. Iniziai con un infortunio, per me partì male, mi ripresi bene e comunque ai play-off mancammo la promozione. Quella stagione però mi portò ad avere molte richieste».
Di Mauro assomma 29 presenze, 474 punti e 16,3 punti di media: è tra le sue migliori stagioni in carriera, con una media punti però inferiore a quella del 1994-’95, sempre con il Cus in C1 (22,7, con 386 punti in 17 gare).
«Vivevo al Cibali, vicino a stadio e palazzetto – prosegue Di Mauro, oggi insegnante di discipline olistiche e istruttore fitness – e quindi fu naturale iniziare a 10 anni con il calcio. Mi allenavo nella scuola calcio di Salvo Bianchetti, un anno dopo andai agli esordienti del Calcio Catania, allenati dal fratello Pino. Intanto mio fratello Alfio mi chiese di provare con la pallacanestro. Ero portato per tutti gli sport e, anche se ogni tanto mi confondevo, iniziai a giocare due campionati insieme! Ho bellissimi ricordi di Gaetano Russo, che mi veniva a prendere su una Renault Super5 ascoltando Zucchero e Dire Straits. Iniziai presto a giocare in Promozione, ricordo che c’erano varie società satelliti al Gad Etna – la Libertas Winner e la Pallacanestro Catania – con cui giocai fino ai 14 anni».
Di Mauro è reattivo e veloce, in più cresce in fretta (arriverà a 198 centimetri): molla il calcio e si dedica solo al basket. La sua fortuna inizia con le finali interzonali allievi del giugno 1988: «Eravamo una bella realtà, capace di battere in semifinale Palermo per 94-93, dopo aver chiuso la partita in 5vs2 perché tutti erano usciti per cinque falli… In finale affrontammo la Standa Reggio Calabria che ci asfaltò di 50 punti!» Finì 132-67, ma quel quadrangolare servì a farlo notare. «L’anno dopo mi convocarono a Morbegno per la selezione Centro-Sud e durante un camp ad Acireale ho conosciuto Gaetano Gebbia. Mi chiese se volessi venire alla Viola… Entrare in un settore giovanile di una squadra di Serie A a 14 anni fu un grande cambiamento: lasciare città, scuola, lasciare famiglia… ma è stata un’esperienza che mi ha formato».
Ed ecco che per Di Mauro si apre un nuovo mondo. «Devo ringraziare Gebbia, mio allenatore in Calabria – prosegue l’ala –. Per cinque anni sono stato tra cadetti e juniores, togliendoci le soddisfazioni di battere la Knorr Bologna che vinse lo scudetto cadetti. Con la Don Bosco mi permisero anche di esordire in C1. A 20 anni sarei potuto andare a Cosenza in B2, ma decisi di tornare a casa per un anno. Fu una bella stagione in C1, al Cus Catania».
Nell’estate 1995, ecco un’altra opportunità irripetibile. «Coach Tonino Zorzi volle vedermi insieme a degli altri ragazzi per fare il 12º in Serie A: mi scelse. Era un periodo difficile, perché la Viola non aveva lo sponsor. Riuscii a giocare solo qualche partita. Coach Gebbia mi confermò l’anno successivo, ero il 10º ma avevo davanti Brian Oliver che giocava 40’. Ricordo solo qualche apparizione e una presenza in quintetto. È stata una fortuna vedere la Serie A da vicino, ma ho non totalizzato molti minuti. Ho bei ricordi di Avenia, Bullara, Santoro e Li Vecchi. Devo però ammettere che giocare poco mi tolse la costanza e mi scoraggiò».
Ed ecco che arrivò l’occasione del rilancio: l’annata all’Ina Assitalia Catania gli permise di ritrovare confidenza e soprattutto gli aprì le porte della Serie B. «Mi volevano Sidoti a Patti e Tripodi a Cefalù – riprende Di Mauro – e scelsi quest’ultimo che mi conosceva dalle giovanili di Reggio Calabria. A Cefalù c’era l’ambiente giusto: giocavo sempre, c’era grande tifo e la squadra era costruita bene. Giocavo al fianco di Bonaccorsi: una volta lui mise a referto 63 punti e io 34! Incontrammo però Trapani ai play-off, che ci eliminò. Ci riprovammo l’anno seguente, con coach Sabatino, e vincemmo il campionato che aveva un livello altissimo. La nostra avversaria era l’Orlandina di Fantozzi. E in B1? Ancora più forti con coach Ponticiello e i nuovi acquisti ci portarono fino alla finale play-off per l’A2. Ci sconfisse alla bella Montegranaro, allenato da Bocchino, e perdemmo anche la finalina contro Pavia, ma la squadra era decimata dagli infortuni».
Conquistata la B d’Eccellenza, Di Mauro non molla più anche perché la stagione 2000-’01,chiusa con 13 punti di media, segna la sua maturazione definitiva: può giocare da 2 e da 3, la sua velocità gli permette di essere devastante in contropiede e penetrazione, ma ha anche grandi doti difensive. «Però era il momento di cambiare – passa avanti l’etneo –. Passai un anno a Forlì, poi andai alla LBL Caserta con coach Ponticiello e Nando Gentile come compagno di squadra. A fine campionato mi sposai e poi andai da coach Sidoti a Patti: il campionato iniziò bene, ci siamo qualificati per i play-off, ma sul finire ho avuto problemi fisici. In più nacquero i miei figli, Daniele e Martina. Scelsi così di smettere».
Non è un addio definitivo. Anche se la moglie, istruttrice di fitness musicale, lo aiuta a iniziare a lavorare fuori dall’ambiente cestistico, c’è sempre tempo per qualche comparsata. «Nel 2006-’07 vinsi un campionato con la Real Basket Cefalù, con promozione in C1. Poi per un breve periodo sono stato a Sant’Agata di Militello, ma giocai solo la prima partita».
Alla fine, Di Mauro ha comunque lasciato la sua impronta nella pallacanestro siciliana, legando il suo nome alla favola di Cefalù e anche rimanendo tra i pochissimi catanesi ad aver calcato i parquet della massima serie. Per lui, 12 partite e 9 punti: non è molto, ma è stato un premio per le sue ottime doti cestistiche. «Il basket mi ha lasciato tanto – chiude Alberto –. Sono pure felice e contento per quello che ho fatto. La pallacanestro mi ha portato ad affrontare meglio la vita. Mancano l’adrenalina, le trasferte, i post-partita… emozioni che non si possono spiegare!»
Eppure, l’ala catanese potrebbe rientrare nell’ambiente: il figlio Daniele gioca con l’Under-18 e la Serie D della Zannella Bk., la figlia Martina ha giocato quest’anno in C femminile nella squadra cefaludese e quest’anno farà la B/C con il Bk. Cefalù. Buon sangue non mente?
Roberto Quartarone
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