La pallacanestro siciliana vista da Francesco Anselmo

v La sua esperienza catanese non è stata lunga, ma ha lasciato un segno. Francesco Anselmo è uno dei tecnici siciliani più competenti, soprattutto a livello giovanile, e ha allenato Battiati e Virtus Catania, mettendo le basi per l’ultima salvezza della seconda, nel 2006-07. Inoltre, la sua bravura è riconosciuta da tempo in tutta Italia: «Sono formatore nazionale degli allenatori e quest’anno ero l’unico meridionale ad insegnare a Bormio – spiega il tecnico polizzano. – I corsi, che si fanno anche a Norcia e Martina Franca, sono tenuti, tra gli altri, dai siciliani Ninni Gebbia e Piero Musumeci, sotto la direzione di Gaetano Gebbia. Tengo moltissimo all’aspetto dell’insegnamento, mi vedo in questo ruolo e ho sempre sognato di fare questo lavoro.» Inoltre, dalla scorsa stagione Anselmo allena in Serie A1 femminile la Pallacanestro Ares Ribera.

anselmo

 

Anselmo

DI PASSAGGIO. Francesco Anselmo, 54 anni il 1 gennaio, stato ospite della Mens Sana Mascalucia [Basket Catanese].

Parliamo di Ribera, di questo campionato che è iniziato in salita.
«Abbiamo iniziato maluccio perché ci sono stati tanti problemi, come la Coppa che ci ha tolto tantissime energie. Io vedo molto positivamente la situazione perché nelle ultime due partite, soprattutto quella contro la capolista Parma, abbiamo espresso un buon basket. Dopo le due prime giornate eravamo ritenuti la rivelazione del campionato, poi siamo passati da 82 punti di media ad un crollo. Non si può cambiare così radicalmente tutto d’un tratto senza un motivo. Nel momento in cui la squadra si doveva amalgamare è partita la coppa. Noi non siamo come la Juventus, che parte con un charter, così facevamo ogni volta quattro giorni di trasferta, con tre o quattro scali. Siamo stati due mesi senza allenarci, passando da dodici a due allenamenti alla settimana, e questo aspetto ha inciso.»

E la salvezza dell’anno scorso?
«È stata uguale, un percorso identico: una squadra che via via è diventata sempre più gruppo, molto coeso. Anche quello di quest’anno c’è un grande gruppo, che è rimasto unito e addirittura si è allenato il giorno di Natale. L’anno scorso c’era anche la playmaker Megan Duffy, che quest’anno non ha rinnovato il contratto.»

Si parla molto di Jami Montagnino. Chi è?
«È una statunitense con passaporto italiano ed è nelle 24 della Nazionale italiana. Si può convocare una sola “passaportata” e c’è molta concorrenza tra le guardie tiratrici, quindi è uscita dalle convocazioni. Non sono molto d’accordo: è una finalizzatrice mostruosa. Lei è la terza della Serie A1 nei tiri liberi (con il 90%), la seconda da tre, tra le prime dieci da due e ha una media del 50% dal campo… Sono cifre importanti. Se riceve la palla da due metri fa sempre canestro. È la quinta cannoniera del campionato! Inoltre è riconosciuta come numero uno in Italia per le uscite dai blocchi.»

Quali sono gli altri punti di forza della squadra?
«Kaayla Chones è sicuramente la giocatrice più forte tatticamente e tecnicamente, ha un background notevole. Ha giocato nella North Carolina State, poi è venuta in Europa e ha giocato anche in WNBA. È un pivot atipico. Suo padre, Jim, ha vinto il titolo NBA con il Los Angeles Lakers, nello starting five con Kareem Abdul-Jabbar e Magic Johnson e 33’ di media a partita. È stato un grande e ora viene a Ribera a vederci. Lei è la più dotata e quella che ha più conoscenza ed esperienza nella pallacanestro. Poi abbiamo anche un’altra nazionale, Monica Bonafede, uno dei migliori difensori italiani.»

Cosa la porta a Catania?
«Sono stato a vedere la Mens Sana Mascalucia, nella partita di domenica scorsa contro Comiso. È stata una partita eccezionale, per il cuore e per la gestione del gruppo di Mascalucia. Quando una squadra penultima in classifica (formata da un gruppo di amici) batte quella che non ha mai perso (che conta su argentini e giocatori non siciliani), le valenze devono essere cercate al di là del piano tecnico-tattico. Anche se Comiso non aveva l’organizzazione difensiva di Mascalucia e la partita è stata vinta là: gli ospiti hanno fatto il minimo stagionale contro la penultima, mentre la squadra di casa ha segnato nelle sue potenzialità. La prestazione difensiva corale, non solo nell’uno contro uno, è stata la chiave: la difesa sul post basso, che ha fatto perdere al pivot argentino tre palloni in momenti decisivi. I catanesi riuscivano benissimo a chiudersi e riaprirsi e il massimo per una difesa è avere questa capacità, perché così si gioca sempre in soprannumero. Così non contano solo le gambe, ci vuole tanta testa e tanto cuore.»

Perché è legato alla società?
«Perché sono stato tra i fondatori della Mens Sana, sono un amico e ho partecipato al progetto sin dall’inizio, dal punto di vista organizzativo. Ora sono ospite loro!»

 

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TERMINALE OFFENSIVO. Marco Rolando, 33 anni, definito da Anselmo il miglior pivot che gira in B2 [Basket Catanese].

Torniamo indietro. Com’è stata la stagione alla guida della Virtus Catania?
«Come allenatore, è stata una delle più belle. Anche se abbiamo avuto molti guai societari, ho ottimi ricordi di tutto lo staff, dei giocatori e della signora Caracciolo, che è una persona che mi ha dato molto e mi dispiace sia fuori dall’ambiente. Se l’avessero supportata meglio avrebbe fatto molto. Gli altri non li ricordo. Ad agosto, un articolo di Superbasket ci dava retrocessi a zero punti a fine campionato, invece sotto la mia gestione abbiamo fatto sedici punti con vittorie importanti fuori casa, con il successo sulla capolista a Catania e con il costante pienone di pubblico. Era una squadra che giocava anche una bella pallacanestro.»

Quali erano i migliori giocatori?
«Matteo Gottini, sicuramente: fu capocannoniere in quel campionato, avevo organizzato la squadra intorno a lui. Poi Marco Rolando: sono contentissimo che l’hanno chiamato ora alla Pallacanestro Catania, è il miglior pivot che gira in B2 ormai da qualche anno, è pure un terminale offensivo importante. E fu un grandissimo campionato di Marco Consoli. Ricordo anche Pietro Marzo, Loris Catotti, Antonio Livera…»

Prima di venire a Catania ha lavorato con la rappresentativa siciliana, giusto?
«Dal 2001 al 2004 sono stato il referente tecnico territoriale della Sicilia. Selezionavo sia gli allenatori che i giocatori delle squadre giovanili regionali. Quello che ultimamente ha fatto Gebbia.»

Quali giocatori sono usciti da quel triennio?
«Molti sono in Serie A, altri hanno giocato con me. Paolo Rotondo è a Biella. Mattias Drigo, ’89, è di Casalpusterlengo ma gioca in B2 in Toscana. Jean-Pierre Djegre era il più grosso talento, ha giocato a Catania, era della Benetton ma poi purtroppo ha smesso. Poi c’è stato Marcello Bellanca, che ho formato a Caltanissetta, ora è a Montecatini ed è stato a Capo d’Orlando. C’è anche Paride Giusti, uno dei più grandi talenti che ho avuto insieme a Marco Portannese, ’89, che entra nelle rotazioni di Montegranaro. Con questi ultimi due titolari, rispettivamente a 15 e 16 anni, ho vinto la Serie C2 ad Agrigento. E sto prendendo in considerazione sono quelli che ho allenato io, di cui alcuni li ho scoperti per strada.»

 

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CAMPIONI D’ITALIA. La Lazùr Catania campione d’Italia Under-15 2007-2008. Secondo Anselmo, la squadra di Sashka Aleksandrova è un grandissimo movimento [Lazùr Catania].

Come vede la pallacanestro femminile attuale in Sicilia?
«Alleno a Ribera solo da un anno, quindi conosco molto meglio l’ambiente maschile. Posso comunque dire che in Sicilia c’è un grandissimo movimento: la Lazùr Catania. Sono campioni d’Italia e molta gente non lo sa o lo disconosce, hanno la migliore ’93 d’Europa, Alessandra Formica, e un altro talento come Giuliana La Manna. C’è anche Priolo con le sorelle Milazzo, con Oriana che gioca nelle rotazioni in Serie A1. Hanno movimento anche Alcamo e Messina. Ma ci sono poche società, rispetto a venti anni fa ne sono sparite tantissime e purtroppo la qualità esce anche dalla quantità di lavoro. A volte non si riesce neanche ad organizzare un campionato provinciale, bisogna per forza organizzarsi a livello regionale.»

Perché ci sono meno società?
«Le ragazze non vogliono fare questo sport, sono attirate da altro. È mancato un movimento di base interessante, non ci sono stati i migliori allenatori, qualcosa è successo. Quando giocavo, nel 1973, c’erano due grosse società meridionali, la Dagnino e l’US Palermo, con degli ottimi settori giovanili, e quando c’erano i derby era meraviglioso. Oggi a Catania c’è la Lazùr; la Rainbow ha iniziato bene con grandi investimenti, ma come prima squadra. Non è solo un problema siciliano, ma di tutta Italia. Manca qualcosa nelle scuole, nel marketing e a livello manageriale. La pallavolo femminile ha avuto evidentemente più presa. C’è da dire anche che nella pallacanestro bisogna correre, saltare e pensare, non è facile, e anche il terzo tempo, che si deve saper fare da destra e da sinistra, richiede un lungo lavoro.»

E come vede quella maschile?
«L’altro ieri è finito il Trofeo delle Regioni e non è andato bene. La maschile è finita 15a e la femminile 14a su 16. Il miglior giocatore del torneo, però, è stato Matteo Imbrò di Porto Empedocle, che da quest’anno gioca nella Virtus Siena, e quindi nella rappresentativa Toscana. Ci sono tanti ragazzi siciliani in giro per l’Italia, c’è stata una razzia di talenti a livello giovanile perché non esistono grosse società siciliane. Capo d’Orlando è sparita, le più grandi a livello senior sono Trapani e Barcellona. Sono molto organizzate Trapani, che sta facendo un buon movimento con Giuseppe Barbàra e ha preso vari ragazzi, e Ragusa, che sta facendo molto bene con Ninni Gebbia ma manca del vertice pur avendo un grande allenatore. Agrigento potrebbe diventare nuovamente una squadra di livello nazionale, com’è stato in passato: stanno ultimando un palazzetto privato e la foresteria e potrà dire moltissimo. Le altre non si stanno interessando molto.»

Com’è la situazione a Catania?
«A Catania ci sono sempre stati dei grandi talenti fisici, come Strazzeri, Porto, Grasso, Destasio. Anche molti giovani catanesi sono in giro per l’Italia. So che la società di B2 nasce dall’acquisto della squadra di Ribera. Non li conosco, a parte Pippo Borzì che è un ottimo allenatore, ma il mio general manager mi parla benissimo di Condorelli, che ha fatto e sicuramente continuerà a fare degli ottimi investimenti e che ha creato una buona organizzazione societaria. Hanno fatto una squadra con giocatori locali, quando quasi nessuno ne ha nella loro categoria, e considerando che ci sono Livera e il fratello di Basile in giro da recuperare, in futuro potrebbe uscire qualcosa d’interessante. Catania, Agrigento, Trapani e Ragusa potranno migliorare ed ottenere dei successi. Anche Siracusa si è organizzata bene, ma non ha per ora un grande settore giovanile.»

 

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DI SPALLE. Francesco Anselmo segna di spalle ai tempi della Robur Caltanissetta [Basket Sud].

Qual è stata la sua carriera da giocatore?
«Sono nato a Polizzi e Generosa e già a 18 anni giocavo titolare e ho vinto la Serie C al PalaTiziano a Roma contro la Viola Reggio Calabria. Giocavo nel Palermo, nella polisportiva che comprendeva anche la società calcistica del presidente Renzo Barbera. Avremmo dovuto fare la Serie A2, ma dovemmo rinunciare. Giocavamo alla Fiera del Mediterraneo, dove venivano montate le tribune innocenti. Avevamo una media di 2000 paganti a partita, mi ricordo delle grandi vittorie contro Caserta e Ovomaltina Napoli. Quando venivano le portaerei giocavamo anche lì! Abbiamo fatto la B ad alti livelli per due anni. Nel 1977-78 ho giocato a Caltanissetta e lì ho vinto la Serie D nel vecchio campo, dove c’era solo la tettoia. Ero un playmaker di 190 cm e la Serie D di allora comprendeva tutta la Sicilia, da Messina a Trapani, con squadre di alto livello. In quel campionato giocava anche Paolo Mollura, che fino a cinque anni fa giocava in B d’Eccellenza a Trapani! Poi andai a Marsala e chiusi a 29 anni a Palermo per fare l’allenatore.»

Dove ha iniziato ad allenare?
«Tutti i giorni, dalle tre del pomeriggio alle undici allenavo la Vis Nova Caltanissetta. All’inizio ho vinto un campionato giocando insieme a un gruppo di ragazzini di quindici anni. Quattro ragazzi di questo gruppo, tra cui il capitano Arcarisi, arrivarono con la stessa squadra in Serie B2. La Vis Nova, che ebbe anche lo sponsor Pernigotti e si salvò, cedette poi il titolo al Basket Trapani. Oggi nessuno se lo ricorda…! Ci si dimentica anche che Catania, quando rappresentava l’élite del basket siciliano, contava su elementi come Diomede Tortora, uno dei migliori giocatori siciliani, e Santi Puglisi, che aveva lo Sport Club che ha dato vita all’attuale Gravina.»

Le altre sue esperienze?
«Siamo arrivati secondi in Sicilia con le giovanili dell’Orsa Caltanissetta, poi ho allenato a Licata, ho vinto una Serie D con la Vis Nova Caltanissetta e mi sono ritirato. Sono rientrato come direttore tecnico della Vis Nova in B2 e ho allenato anche a Gela, Canicattì, Battiati, Agrigento, Catania e ora Ribera, più l’esperienza con la rappresentativa siciliana e da formatore nazionale.»

La più grande vittoria tra giovanili e prima squadra?
«Ricordo quattro episodi. Il grandioso campionato che ho vinto ad Agrigento, con una squadra di bambini. Dopo tre giornate eravamo ultimi, poi abbiamo perso solo una partita ai play-off contro Catania. Quell’anno ho vinto anche quattro campionati giovanili e cinque ragazzi sono stati chiamati in Nazionale (Giusti, Portannese, Di Simone, Raneri e Moncada). Una partita vinta di un punto con Battiati contro Palermo. Quando sono arrivato a Battiati, alcuni dicevano che il gruppo non era gran che; poi abbiamo dimostrato che dei ragazzi che lavorano e studiano possono fare sei allenamenti a settimana. E considero quella la mia migliore squadra, perché ci basavamo su altri valori, su un’amicizia che continua tutt’ora, a distanza di quattro anni. Fu un anno indimenticabile. C’è anche la salvezza dell’anno scorso con Ribera, vincendo ai play-out la partita a Viterbo. Infine, ricordò la vittoria della Virtus Catania contro Ruvo in casa. Ma non è tanto la vittoria in sé l’importante, perché è solo un fatto episodico: è tutta la stagione che dà la dimensione del successo, anche se non vinci, il lavoro che c’è dietro, la preparazione delle partite, lo studio dell’avversario e delle contromosse da usare…»

 

Sgroi

AL GAD. Camillo Sgroi con la maglia del Gad Etna. Per Anselmo, uno dei pi grandi allenatori giovanili siciliani [La Sicilia].

Qual è stato il più grande giocatore catanese?
«Angelo Destasio, nettamente. E Diomede Tortora. Destasio è cresciuto in un periodo in cui si curavano i fondamentali e il particolare e ha avuto uno dei più grandi allenatori giovanili siciliani, Camillo Sgroi, che spesso va al palazzetto e che molti non conoscono. Sgroi allenava la PGS Sales e, pur non avendo fondi, ottenne grandi successi, con ragazzi del calibro di Destasio e i fratelli Calì (Enzo l’ho allenato anch’io a Caltanissetta). I salesiani si basavano sull’oratorio e da lì sono uscito anch’io. I miei allenatori mi insegnavano i fondamentali, poi io passavo anche sei ore di seguito all’oratorio ad applicare i loro insegnamenti. Così, l’apprendimento non era uno stereotipo, chiuso alle ore dell’allenamento, ma coincideva con il divertimento nel mio tempo libero. Oggi l’oratorio è un posto dove di solito non si va; secondo me si dovrebbe rivalutare e partire da lì ancor prima che dalla scuola. Anzi ora ci sono i campetti…»

Secondo lei, oggi ci sono allenatori che lavorano come lavorava Camillo Sgroi?
«In Sicilia? Certo, ce n’è tanti. Ninni Gebbia a Ragusa, Barbara a Trapani… A Catania ce n’è anche: ovviamente la Lazùr di Sashka Aleksandrova, Gabriele Giorgianni a Mascalucia, Giuseppe Marchesano e Valeria Puglisi al Cus, Tato Vergani del Gad Etna, il maresciallo Mario Giuffrida, Fabio Schisano ad Adrano, che è un ragazzo in gamba e può fare molto, Luigi Angirello a Gravina. Spero di non dimenticare nessuno, ma questi sono quelli che conosco e lavorano bene.»

Roberto Quartarone
(si ringrazia Gabriele Giorgianni)

 

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