Europei di basket: Riga 1937
Un argento al gusto di vodka!

 

Un festeggiamento particolare della medaglia d’argento… Dieci italiani sul Baltico… Un pronostico favorevole, ma un torneo difficile… Vittoria a tavolino ed epilogo in bilico fino all’ultimo…

La Nazionale italiana medaglia d'argento agli Europei 1937
Riga (Lettonia), maggio 1937. La rappresentativa italiana medaglia d’argento al 2º Europeo. In alto da sinistra: Marinelli, Franceschini, Giassetti, Marinone, Dondi dall’Orologio, Varisco, l’allenatore Ugolini; in basso, Pelliccia, Paganella, Pasquini. Alcuni giocatori indossano la tuta del GUF (Gruppo Universitario Fascista).

La prima medaglia conquistata dal basket italiano valeva bene una sbornia. Non c’era altra maniera di consumarla che a base di vodka, dal momento che ci si trovava in un albergo di Riga, capitale della Lettonia, la nazione che ospitava la seconda edizione dell’Eurobasket, dopo essersi aggiudicata quella inaugurale in Svizzera. La medaglia era d’argento, e avendo ceduto in finale per un solo punto alla Lituania (che si permise questo smacco in casa dei cugini baltici), non si capì bene se a prevalere fosse la rabbia per il trionfo mancato o la soddisfazione per un traguardo inatteso. Quella vodka, comunque, si prestava a meraviglia per farvi annegare l’uno o l’altro degli stati d’animo. Tanto che Giancarlo Marinelli, un veterano della squadra, nonostante i suoi 22 anni non ancora compiuti, se ne scolò una bottiglia tutta d’un fiato. La sua, di sbornia, sortì gli effetti più imbarazzanti: allegro e barcollante, si aggirò nudo, coperto solo da un paio di pantofole – a quanto si narra – per i saloni del Grand Hotel, immaginando di essere un colonnello della Guardia Imperiale, pronto a farsi ricevere da Sua Altezza la zarina Caterina di Russia… Risate, applausi (in un primo momento), stupore, vergogna: basta, basta, spettacolo finito, si va tutti a dormire!

La Nazionale in partenza per la Lettonia (da un libro di M. Arceri)
La Nazionale in partenza per la Lettonia (da un libro di M. Arceri)

Il sipario si era chiuso così su questa avventura che aveva portato la Nazionale maschile di basket verso altitudini mai raggiunte prima, geografiche e di classifica. La scena iniziale aveva avuto come sfondo la Stazione Termini di Roma, dove la comitiva, il 29 aprile 1937, di buon mattino, si riunì per affrontare il lunghissimo viaggio verso il Nord. Oltre ai giocatori (stavolta nel numero canonico di dieci) e all’allenatore (Vittorio Ugolini della Virtus Bologna), c’erano anche un commissario tecnico (il napoletano Decio Scuri, un passato da giocatore e da arbitro, un futuro brillante da dirigente) e lo stesso presidente della Federazione, il conte Giorgio Asinari di San Marzano, che un po’ di nobiltà l’aveva sparsa anche nella pallacanestro italiana, rinnegando – tanto per cominciare – la «provinciale» intestazione di palla al cesto.

Si partì con grande entusiasmo e buoni propositi, primo fra tutti quello di schiodarsi (con un balzo in su) da quel settimo posto rimediato sia nel debutto europeo di Ginevra del ’35, sia in quello olimpico di Berlino del ’36. Oltre a Marinelli, c’erano quattro reduci della prima esperienza svizzera: i triestini Franceschini, Giassetti e Varisco e il milanese Paganella. Altri tre si erano già aggregati nella olimpiade tedesca: Ambrogio Bessi (Ginnastica Triestina), Galeazzo Dondi Dall’Orologio (Virtus Bologna) e Mike Pelliccia (proveniente da Napoli, ma nativo di New York, passato alla storia per essere stato il primo oriundo a vestire la maglia della Nazionale). I nuovi erano il romano Mino Pasquini (che però aveva già esordito nel ’30 in una partita contro la Svizzera) e Camillo Marinone, che assieme a Paganella e Giassetti aveva conquistato il secondo scudetto consecutivo per l’Olimpia Borletti Milano.

Una medaglia dell'Europeo di Riga
Una medaglia dell’Europeo di Riga (Museo Internazionale del Basket di Lucca)

Il torneo si svolse ai primi di maggio, con una formula nuova rispetto all’edizione precedente: non più a eliminazione diretta, ma con le otto squadre partecipanti suddivise in due gironi, le prime due da qualificare per le semifinali. La sorte sembrò schierarsi subito dalla parte della Nazionale italiana, che si ritrovò assieme a tre debuttanti al campionato europeo: l’Estonia e la Lituania (sulla carta parenti povere della Lettonia), e poi l’Egitto (che per diversi anni venne accettato in quella competizione, nonostante la sua provenienza extra continentale). L’altro si presentava invece come un girone di fuoco, con i velleitari padroni di casa della Lettonia (che ci tenevano proprio a confermare il titolo), la Cecoslovacchia bronzo a Ginevra, la sempre temibile Francia, la Polonia giunta quarta all’Olimpiade di Berlino, prima classificata delle europee.

La partita d’esordio dell’Italia con la Lituania fece subito capire quanto poco valessero i pronostici sulla carta: sconfitta per due punti, 22 a 20. Pronostici approssimativi, in realtà, non avendo tenuto conto del fatto che, per esempio, nella esordiente formazione baltica c’erano di fatto giocatori americani, figli di emigrati e quindi ben disposti al cambio di nazionalità: Krause e Talzunas erano nati e cresciuti (anche cestisticamente, s’intende) a Chicago. Una dose di States che si sarebbe rivelata determinante (la Lituania restò addirittura imbattuta), e che avrebbe avuto un effetto ancora più clamoroso nella successiva edizione degli Europei…

La Lituania festeggia la vittoria della competizione
I giocatori della Lituania (sulle maglie la scritta Lietuva) festeggiano a Riga la conquista del loro primo oro europeo.

Intanto, a quella prima sconfitta dell’Italia ne fece seguito un’altra, questa davvero impensabile alla vigilia, ad opera dell’Egitto (28 a 31). Il riscatto con l’Estonia (30 a 20, con una incredibile rimonta dal 17 a 20 grazie ai canestri del solito Franceschini) poteva risultare vano se non fosse poi stato accettato un reclamo per una presunta irregolarità nella partita con l’Egitto. L’arbitro non aveva consentito all’oriundo Pelliccia di scendere in campo; venne decisa la ripetizione della partita, ma l’Egitto, per protesta, se ne tornò a casa, ripercorrendo così a distanza di pochi giorni la lunghissima distanza tra il Mar Baltico e il Nilo. Col 2 a 0 a tavolino, Marinelli e compagni salirono di colpo al secondo posto; sulle ali dell’entusiasmo per quella ormai insperata qualificazione venne poi fatta fuori in semifinale la Francia (36 a 32), con la quale cominciava la lunga serie di rivincite delle rivincite. Qualcuno pensò di cominciare a fare un brindisi in onore di Pelliccia, che poi in cinque partite giocate non avrebbe messo a segno neppure un canestro!

Finalissima Lituania-Italia. Forse quella meno attesa alla vigilia, con la clamorosa eliminazione della Lettonia e della Cecoslovacchia. La Francia conquistò il bronzo ai danni della Polonia. Per la medaglia d’oro abbiamo già anticipato l’esito: la nostra Nazionale uscì sconfitta per un solo punto (24 a 23), dopo aver fallito ben 5 tiri liberi nella fase cruciale dell’incontro. Ezio Varisco – il futuro eroe dell’aviazione militare – avrebbe poi confessato: «In quella partita, a un certo punto, mi sentii scoppiare il cuore»! I nostri, insomma, avevano dato tutto. Non restava loro che onorare la vodka della casa…

Nunzio Spina
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