Il professore senza tempo

La visita di Santi Puglisi a Catania, tra il calore degli ex compagni e allievi, la partita del PalaCatania e la cena di Aci Trezza…

Carmelo Carbone, Santi Puglisi, Andrea Gangemi e Stefano Aloisi al PalaCatania (foto G. Lazzara)

«Ma questo è il pallone di pelle di dinosauro con cui giocavamo?» La battuta di Pippo Famoso può far pensare a una riunione tra paleontologi, ma in realtà la quindicina di giovanotti che si è riunita lunedì ad Aci Trezza è un gruppo di ex cestisti che hanno visto la A2, la B e la C nazionale per due generazioni, da fine anni cinquanta a metà anni ottanta. L’occasione era la visita di Santi Puglisi, l’allenatore catanese al 100% più vincente di sempre, tornato in vacanza in città e accolto con un calore immenso da ex compagni e allievi.

«Questa serata mi dà tante emozioni, perché rivedo tanti amici – ha affermato durante la cena –. Mi avete fatto ringiovanire, mi è tornata una gran voglia di allenare tutti voi come ai vecchi tempi! Mi avete reso felice per una serata indimenticabile, ho un po’ di nostalgia, un groppo alla gola». Sabato al PalaCatania il professore ha fatto “passerella”, prendendosi gli applausi del pubblico di Alfa-Palestrina, e ha abbracciato un gran numero di amici, alcuni dei quali non lo vedevano dal lontanissimo 1973, quando spiccò il volo verso la pallacanestro che conta.

Lo Sport Club Catania nel 1971-’72, terzo in Serie C nazionale. In piedi Strazzeri, Cosentino, Sensi, Borzì, Patacca, Cavaletti, Puglisi; accosciati Cuccia, Famoso, Giacomo Vitale, Lopresti, Gino Vitale, Maglia (dall’archivio di E. Maugeri)

LE RADICI. Santi Puglisi nasce a Catania nel 1940, a 15 anni prende in mano il pallone di pallacanestro, anche se eccelle in tutti gli sport, soprattutto la pallavolo, l’atletica e il pattinaggio. A scuola invece ha meno voglia di studiare, dedica troppo tempo allo sport ed è lì che si prende tante soddisfazioni. Se lo contendono Amerigo Penzo e Luciano Abramo, gli allenatori della Grifone Catania di pallacanestro e del Cus Catania di pallavolo, tanto che gioca con il primo la domenica mattina e con il secondo nel pomeriggio, nel campo all’aperto di piazza Spedini.

In Serie A2 con la Grifone colleziona 45 presenze e 185 punti, con due spareggi salvezza vinti e uno perso. Nel 1963 decide di dare una svolta alla sua vita: va a Roma e si iscrive all’Isef. Nella capitale gioca con la Lazio nella massima serie di pallavolo e mette le basi per la sua carriera futura. Torna a Catania nel 1968, per prendere in consegna una squadretta neonata, lo Sport Club, che dal liceo Spedalieri parte alla conquista della Serie B.

L’ex allenatore del Gad Etna Totò Trovato, l’ex allenatore dello Sport Club Santi Puglisi e il miglior cestista che ha giocato con entrambe le maglie, Diomede Tortora (foto R. Quartarone)

I RICORDI. E così i suoi ex giocatori rivivono i tempi d’oro: le partite all’aperto, le trasferte che durano dal sabato al lunedì mattina, stipati in treno per andare in Calabria o in Campania o a volte in aereo per andare… a Palermo! Il gruppo si cementa giocando tutto il pomeriggio ai salesiani, senza sosta, per imparare all’ombra dei più vecchi.

Il prof. Puglisi pesca uno a uno in classe i suoi ragazzi, li mette in campo e li fa sudare. Storie incredibili vengono fuori, come lo spareggio contro l’Intercontinentale Messina del 30 maggio 1971, in cui i peloritani sono favoriti ma la tattica difensiva del coach permette di vincere ed essere promossi in C. In quella partita, Orazio Strazzeri segna un autocanestro a risultato acquisito e si becca un tecnico per aver irriso gli avversari. E poi la Serie C: Emanuele Lopresti, venuto direttamente da Ragusa per l’occasione, ricorda di come quella squadra, nel 1971-’72, è l’esperienza più bella in assoluto. Qualcuno accenna anche alla partita contro l’Ignis Varese dell’anno dopo: Meneghin e i campioni d’Europa di scena al PalaSpedini per la Coppa Italia, con Pippo Famoso condottiero della generazione.

La Nazionale maschile di basket all’Europeo in Francia: in piedi da sinistra, Puglisi, Gamba, Bonamico, Meneghin, Vecchiato, Costa, Villalta, Tonut, Sales, il medico Ferrantelli; in basso, il massaggiatore Galleani, Brunamonti, Gilardi, Caglieris, Sacchetti, Riva, Marzorati (da Conoscere il basket).

IL GRANDE SALTO. Nel 1973, passa il treno giusto: Valerio Bianchini chiama Puglisi a Roma, e da lì inizia la carriera tra i grandi. I successi nel settore giovanile alla Stella Azzurra e a Mestre, l’oro Europeo e le Olimpiadi da assistant coach di Sandro Gamba in Nazionale, la A1 a Trieste e la A2 a Reggio Calabria, prima di decidere di andare dietro la scrivania e conquistare 12 finali scudetto in 18 anni da general manager di Pesaro, Fortitudo Bologna e Brindisi. La lunghissima carriera gli frutta da tempo vari premi, dal Donia al Reverberi, a testimonianza dell’eredità lasciata in giro per l’Italia.

Con una carriera così ricca, le sue parole sabato sull’Alfa non possono che far piacere al movimento etneo. «Faccio i complimenti a entrambe le squadre – ha detto Puglisi –. Non seguo la Serie B e non mi aspettavo un livello di gioco così alto, è un basket con ritmo elevato e difese aggressive. Mi dispiace non aver portato fortuna all’Alfa, ma Palestrina si è dimostrata più esperta. Credo che l’Alfa sia destinata a crescere molto: i ragazzi giocano bene, complimenti al coach Bianca. Questo è un organico che migliorerà con il ritorno secondo lungo. Agosta si è battuto leoninamente ma il livello atletico era superiore. Sottolineo la bravura di Gottini e Abramo, che è una piacevole sorpresa: mi allenava suo nonno!»

IL GIUDIZIO SUL BASKET ATTUALE. Mercoledì Puglisi è tornato a Fano, sua città d’adozione, dove vive da pensionato con la famiglia. «Mi sto disaffezionando al basket – si rammarica –. Vedere in campo solo stranieri con l’inno nazionale mi fa rabbrividire. Il basket era diverso, anche perché gli attacchi non erano tutti omologati e copiati dall’Nba. Non si giocava tanto il pick&roll. E non c’erano i 24” che rendono le azioni sempre più frenetiche». Ancora insegna: è un professore senza tempo!

Roberto Quartarone

 da “La Sicilia” del 30/11/2018

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