Come nacque lo Sport Club del prof. Cazzetta

«Lo Sport Club Catania è nato nel 1964, ma è nel 1962 che ne ho messo le basi». La storia che leggerete a breve è quella del professore Alfio Cazzetta, che insegnava educazione fisica al Liceo Spedalieri e ha avuto l’ardire di inserirsi nell’ambiente del basket malgrado provenisse da quello dell’atletica leggera, in cui è sempre stato uno degli allenatori più apprezzati, con tanti successi in ambito nazionale. Dal chiostro del Monastero dei Benedettini, conosciuto sin dagli anni quaranta come palestra Umberto I, ha dato il “la” a una squadra che sarebbe stata la protagonista a Catania negli anni settanta e ottanta.

FIGLIO DEGENERE. Nel 1962, Cazzetta ha iniziato ad allenare al liceo Spedalieri e vi è rimasto cinque anni. Nel giro di cinque stagioni sportive, ha curato tutti gli sport, però avendo l’intuizione di puntare su un vasto gruppo di giocatori che si avviavano alla pallacanestro. «Mi sentivo un figlio degenere in un ambiente che non era il mio – ammette lui –. Inizialmente partecipavamo ai campionati studenteschi, abbiamo vinto il titolo provinciale femminile (e in squadra avevo Angela Buttiglione, poi giornalista Rai). L’attività è diventata sempre più impegnativa e la scuola non aveva i fondi. È stato così che nel 1964 ho chiesto a Marco Mannisi, dirigente della Libertas Catania, di iscrivere una sua società satellite, lo Sport Club, ai campionati FIP. Nemmeno lui aveva molta disponibilità: le prime maglie le ha comprate alla fiera di piazza Carlo Alberto! Erano senza i numeri, così dovevamo usare quelli d’atletica, attaccati alle maglie con gli spilli da balia».

Cazzetta aveva studiato all’Isef di Bologna e un suo professore aveva anche allenato la Nazionale femminile. Gli aveva dato un’ottima formazione di base, ma inserirsi nei campionati cestistici era tutt’altro che facile. «Il nostro maggior risultato – prosegue l’insegnante – è stato il secondo posto alle finali regionali Juniores svoltesi a Messina. Eravamo sotto di un punto, mancavano 30”. Eppure per ben due volte ci siamo trovati soli in contropiede ma abbiamo sbagliato da sotto! Nell’ultima azione, Alfio Maglia, un mancino che non sbagliava mai, non è riuscito a mettere nemmeno il secondo tiro dopo il rimbalzo. Il risultato stava veramente molto stretto ed è stato rocambolesco, ma questo era il mio Sport Club: atleti nel vero senso del termine, non “fighetti”. Applicavano alla grande la mia tattica: difesa forte, rimbalzo, contropiede e in 3” tiro a canestro».

I CANESTRI E GLI UOMINI. Nel chiostro dello Spedalieri si giocava a basket dai tempi della palla al cesto, ma quando è iniziata l’attività del professore Cazzetta è servita una mano dall’alto… «Solo grazie alle mie conoscenze nell’ambiente sportivo – ricorda – e con l’aiuto di Ignazio Marcoccio, riuscii a farmi assegnare una coppia di canestri per il basket». Così si è potuto formare poco a poco il gruppo che poi avrebbe retto lo Sport Club per un ventennio. «Ero piuttosto impegnato – il professore si riferisce al resto delle sue attività sportive – così mi sono avvalso della collaborazione di Elio Alberti, mio ex alunno al liceo. Lui è stato il capitano ed il mio “secondo” e spesso si è dovuto sobbarcare il peso delle mie assenze».

«Di quella squadra – elenca Cazzetta –, Pippo Famoso era un accentratore, ma con le sue inventive personali trovava il bandolo della matassa. Claudio Sensi era un elemento chiave: aveva vinto la corsa campestre e il lancio del disco, e questi successi gli avevano permesso di acquisire velocità e resistenza, importanti per un pivot. Orazio Strazzeri era disponibile e serio: ricordo di quando gli ho detto di allenarsi nella corsa aerobica, poi ho dimenticato di fermarlo e lui aveva corso già da più di un’ora… Maglia era intelligentissimo e pacato. Lasciai questo zoccolo duro a Santi Puglisi, che era un vero allenatore di basket ed è salito su un treno già in corsa».

IL GALILEO E IL PREPARATORE. La carriera di insegnante di Alfio Cazzetta è poi proseguita in altre scuole, con altri incroci nel basket. Al liceo Galileo Galilei, per esempio: «Lì ho segnato io due campi di pallacanestro, con la vernice, nel cortile – prosegue il professore – e chiedevo ai ragazzi di allenarsi alle 7 del mattino, perché poi era tutto pieno. Venivano tutti e vincevamo spesso. Al Galileo ho rotto definitivamente con Mannisi, che per una finale regionale a Siracusa ci ha mandato un piccolo pulmino per due squadre invece del pulman grande. Siamo comunque arrivati in campo. Sembrava tutto preordinato, perché vincessero le due squadre di Siracusa. Le prime due partite furono vinte facilmente ma nel pomeriggio, contro le squadre di Siracusa, sorsero i problemi. Si cominciò con i maschi. Furono fischiati falli in continuazione e quindi vari giocatori furono esclusi. Le mie proteste mi fecero espellere, ma vincemmo ugualmente. Con le ragazze fu la stessa cosa; mi rivolsi al responsabile, mio amico e compare, che essendo di Siracusa, pensò bene di defilarsi. A me non fu permesso di entrare in campo, pur essendo un’altra partita; a seguire la squadra, fu uno dei miei allievi più grandi. Fu una falcidia senza ritegno. A pochi secondi dalla fine erano rimaste in campo tre ragazze e vincevamo di un punto. Fu inventato un fallo a centro campo e i due tiri liberi decretarono la nostra sconfitta. Non sapevo a chi rivolgermi. Fu, per la squadra di Siracusa, la “vittoria di Pirro”».

Andò ancora peggio a Bari, per le finali interregionali studentesche maschili. «Lì mi sono portato un ragazzino, tesserato FIP al primo anno, ma con l’autorizzazione del presidente provinciale, Gianni Di Mariasi rammarica Cazzetta –. Abbiamo vinto facilmente in semifinale; in finale c’erano i padroni di casa ed è successo di tutto: si è rotto un dito il nostro pivot, è arrivata l’ambulanza, mentre io davo una mano nei soccorsi, Gabriele Geraci ha messo cinque triple di fila. Abbiamo preso il largo e così negli ultimi 30” è entrato il ragazzino. I dirigenti del Bari, velocissimi, hanno presentato ricorso e lo hanno vinto: non poteva giocare perché era tesserato FIP. Non sono servite a nulla le mie proteste, né qualcuno mi ha aiutato, nemmeno Di Maria o il mio preside. Per la delusione, ho lasciato definitivamente il basket».

Cazzetta è poi stato il preparatore della Trogylos Priolo, prima dello scudetto del 1999-2000, della Palmares Catania allenata da coach Maurizio Messina e della Lazùr Catania, con Sashka Aleksandrova allenatrice. «Non sono un tecnico di basket – chiude Cazzetta ­–, ma mi chiedo dove fossero i colleghi specialisti che hanno perso con me. Purtroppo negli ultimi anni tutte le discipline si sono chiuse in loro stesse, senza possibilità di interagire o scambiarsi le pratiche migliori. Sarebbe splendido poter tornare a collaborare tra diversi sport e migliorare così tutti assieme».

Roberto Quartarone

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