Europei di basket: Roma ’91
Il commento del coach… Sandro Gamba

 

Il vero addio del coach… «Un esordio negativo, poi…» «Ci mancava poco che il PalaEur scoppiasse»… 

Stavolta si trattava proprio di un addio, e non di un arrivederci! Lo sapeva bene coach Sandro Gamba, che ci teneva tanto, tantissimo, a chiudere in bellezza con l’Europeo del ’91. Lui giocava per la prima volta in Italia un torneo continentale da allenatore capo della Nazionale: quale migliore occasione per coronare il suo sogno? A Roma, peraltro, aveva provato da giocatore la grande esaltazione delle Olimpiadi del ’60, proprio in quel Palazzo dello Sport dell’EUR che adesso si ripresentava come unico, grande teatro della manifestazione. L’Europeo in Italia tornava dopo le edizioni di Napoli ’69 e di Torino ’79; un sesto e un quinto posto che avevano lasciato una scia di delusione. Conquistare una medaglia in casa, come era successo a tante Nazionali nella lunga storia degli Europei, era una opportunità che non bisognava più lasciarsi sfuggire. A costo di preparare per due anni la squadra per questo obiettivo, come in effetti fece Sandro Gamba. Nell’estate del ’90 portò la comitiva in una lunga tournée nel continente americano, per partecipare dapprima ai Goodwil Games in USA, a Seattle, poi ai Mondiali in Argentina, a Buenos Aires. La formazione era rimaneggiata a causa di varie rinunce o infortuni, quasi un pretesto per sperimentare e collaudare. Che poi non andò proprio così male: perché a Seattle si rimediò un settimo posto, dopo aver perso di 3 con l’URSS (l’ultima della storia) e avere battuto la Spagna; mentre in Argentina si scoprì l’ebbrezza di arrivare al nono posto dopo aver perso… una sola partita!

 

Sandro Gamba (secondo in alto da sinistra dopo l’assistente Tonino Zorzi) osserva la medaglia d’argento appesa al collo. Alla sua sinistra: Rusconi, Costa, Magnifico, Dell’Agnello, Riva; in basso da sinistra, il massaggiatore Galleani, Pessina, Pittis, Premier, Gracis, Gentile, Fantozzi, Brunamonti (da Storie straordinarie-FIP).

“Il pubblico, quel meraviglioso pubblico del Palaeur ci ha trascinato alla conquista della medaglia d’argento! Era davvero il sesto giocatore in campo! E dire che non avevamo iniziato affatto bene l’Europeo di Roma. Mi riferisco proprio alla partita di esordio contro la Grecia, con la quale peraltro avevamo da vendicare le brucianti sconfitte delle ultime due edizioni. Eravamo in difficoltà, Galis e Giannakis avevano cominciato a colpirci in maniera spietata… Nell’intervallo io e il mio assistente Tonino Zorzi abbiamo pensato di passare a un pressing tutto campo: la partita è cambiata, sotto di 14 nel primo tempo, nel secondo abbiamo inflitto loro un passivo di 24…”

“Quella è stata la svolta del torneo… Subimmo tante critiche, nonostante la vittoria, ma noi eravamo convinti che da quel momento avremmo potuto solo migliorare, e affrontare tutte le avversarie alla pari… Arrivò infatti la sofferta vittoria con la Francia, poi quella ben più netta con la Cecoslovacchia, fino alla semifinale con la Spagna, alla quale ancora una volta riuscimmo a dare un dispiacere… Ci mancò poco che il Palaeur scoppiasse, quando nella finale con la Jugoslavia – dove eravamo nettamente sfavoriti – ci impegnammo in una rimonta che quasi riusciva…”

“Più di una volta avevo buttato in campo un quintetto di piccoli, che riusciva a sopperire alle carenze fisiche, aggredendo in difesa e alzando molto il ritmo in attacco… Da Nando Gentile in poi, tutti si sono espressi al massimo delle loro possibilità, altrimenti sarebbe stato davvero impossibile arrivare là dove siamo arrivati… Il resto, come detto, lo ha fatto il pubblico… É stato davvero bello, per me, congedarmi dalla Nazionale nell’atmosfera magica di quelle serate romane di fine giugno…”.

a cura di

Nunzio Spina

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